10.9 C
Napoli
26 Aprile, 2024

Riflessioni a margine di “Fake Sud” di Marco Esposito, un libro da leggere



Cosa sono le fake? Quali sono le principali fake che ancora oggi imperversano sul Sud? Da chi vengono alimentate e perché? Qual è la loro funzione e quali sono le loro conseguenze non soltanto per il Mezzogiorno, ma per l’intero sistema Paese? Inoltre, il Sud è soltanto vittima di fake? Oppure, per reazione, alimenta fake autoassolutorie ed inconcludenti sulla propria storia? Ed infine, come riconoscere e, soprattutto, come smontare le “Fake Sud”?

Queste le principali domande di fondo a cui l’ultimo libro di Marco Esposito, Fake Sud. Perché i pregiudizi sui meridionali sono la vera palla al piede d’Italia, offre delle risposte esaustive tanto sul piano dell’argomentazione critica quanto su quello dei riscontri documentaristici e fattuali. E lo fa sia in modo discorsivo che in modo coinciso grazie a delle schede di sintesi poste alla fine di ogni capitolo del libro.

Innanzitutto, precisa Esposito, differentemente dalle “menzogne” e dalle “leggende metropolitane”, le fake “Sono come virus: si moltiplicano rapidamente, mutano, si insediano nella coscienza collettiva e ne alimentano le peggiori pulsioni. Le fake avvelenano” (Ivi, p. 13).

E tra le principali fake che ancora oggi imperversano sul Sud, il giornalista del Mattino annovera “[…] sia quelle che ne parlano come di una terra dalla mentalità mafiosa, piena di soldi spesi male, in cui abbondano dipendenti pubblici ed evasori fiscali; se non abitata da essere inferiori; sia quelle che raccontano di un passato formidabile sparito perché dopo il 1860 al Sud sono state chiuse le scuole per vent’anni e l’obiettivo per chi ricopriva posizioni di potere era: ‘I meridionali non dovranno mai più essere in grado di intraprendere’” (Ivi, p. 13).

Alimentate e diffuse dal sistema dei media nazionali, come, ad esempio, ricorda Esposito, dei presunti assembramenti tenutesi a Napoli durante lo scorso lockdown  primaverile (Ivi, 40-43), lungi dall’essere semplici menzogne fini a se stesse, secondo il giornalista del Mattino, le “Fake Sud” sono alimentate e diffuse per giustificare dinanzi agli occhi dell’opinione pubblica nazionale scelte politiche che non solo sono devastanti per il Mezzogiorno, ma lo sono per l’intero Paese. Denuncia Esposito:

“Negare pervicacemente il treno a Catanzaro, il nido a un bimbo di Altamura, la borsa di studio a un siciliano, il collegamento internet veloce a un imprenditore lucano, la sede di un’istituzione nazionale a Napoli non è un danno di basso impatto che si fa alla Calabria, alla Puglia, alla Sicilia, alla Campania. È l’amputazione del sistema Italia, che, non a caso, da lustri è stabilmente in coda nella crescita in Europa” (Ivi, p. 18).

A loro volta le “Fake Sud”, che, sottolinea il saggista napoletano, tramite la perversa attuazione del federalismo fiscale, hanno condotto ad un vero e proprio “tradimento del patto costituzionale” (Ivi, p. 185), generano quello che lo stesso autore definisce l’“errore del pendolo” (Ivi, p. 205), ossia, per reazione alimentano da Sud “Fake” vittimistiche ed inconcludenti sulla propria storia, come, ad esempio, quella relativa alle Due Sicilie come “regno dei primati” (Ivi, pp. 265-270), oppure, come quella relativa alla frase mai pronunciata dal primo Presidente della Banca Nazionale Carlo Bombrini: “I meridionali non dovranno essere mai più in grado di intraprendere” (Ivi, pp. 251-253).

Il clima di sospetto e di odio reciproci alimentato dalle “Fake” sul Sud e per reazione da Sud ha delle ricadute negative sull’intero sistema Paese, in quanto, osserva Esposito, “[…] procura danni a ciascuno ed è tra le cause dello smarrimento dell’Italia, del suo declinante peso culturale, politico, economico, demografico. Le “Fake Sud” sono la vera palla al piede dell’Italia perché minano la fiducia reciproca” (Ivi, p. 14).

Pertanto, il saggista partenopeo ritiene fondamentale smontare tutte le “Fake Sud” sulla base di fatti criticamente accertati, in quanto, “[…] i fatti certificano che da decenni il paese non riesce a guardare a se stesso come un unico impareggiabile territorio nel cuore del mare più importante del mondo”. (Ivi, p. 16)

Secondo Esposito, la confutazione delle “Fake Sud” ha una portata politico-civile tale da indurlo ad essere “ottimista”, in quanto, sottolinea, “una volta smantellato il castello di sciocchezze che ci raccontiamo sui meridionali o sui settentrionali potremmo, insieme, tornare a essere punto di riferimento nel mondo per un modello armonico di esistenza. Lo stile italiano è un caleidoscopio di colori, suoni, sapori, profumi, emozioni, intuizioni, energie. Se ne nascondi una parte, se te ne vergogni, perdi tutto” (Ivi, p. 19).

Tra gli altri, l’uso di termini ed espressioni come “ottimista”, “smontare”, “fare valere i fatti” “verità” sembra rinviare ad una concezione “illuministica” della politica, incentrata sulla fiducia nella portata politico-educativa dell’esercizio della ragione e dello spirito critico.

Indubbiamente, dal punto di vista pedagogico-civile, l’impostazione critico-metodologica del testo di Marco Esposito è pienamente condivisibile, in quanto, coerentemente alla migliore tradizione meridionalista, contribuisce al rilancio dello spazio pubblico inteso e praticato come “agorà”, dialogo e confronto sì critico, ma anche civile, in contrapposizione allo sfarinamento dello stesso spazio pubblico nell’“arena” dei pregiudizi, delle urla offensive, degli attacchi personali e, in questo caso, delle “Fake Sud”, appunto.

Tuttavia, la fiducia “illuministica” nella “forza della coscienza” non deve  fare dimenticare che non basta confutare i pregiudizi e stabilire verità criticamente accertate per cambiare l’ordine delle cose.

Per provare a riscattare definitivamente le condizioni di sottosviluppo del Sud occorre passare dalla “forza della coscienza” alla “coscienza della forza”, ossia, alla consapevolezza del fatto che al blocco dominante degli oppressori che trae vantaggi dalle “Fake Sud”, ossia, dalle rappresentazione mistificatorie che ne giustificano gli interessi costituiti ed alimentati dalle politiche coloniali di sperequazione territoriale, deve opporsi il blocco degli oppressi, che, invece, non solo vengono danneggiati sul piano materiale, ma vengono anche “colonizzati” sul piano ideologico tramite l’educazione alla loro “inferiorità”.

Infatti, se la politica è la “prosecuzione della guerra con altri mezzi”, se la politica è costituita da rapporti di forza tra le varie “parti” in cui è articolata una società, allora la “forza della coscienza”, l’opera di educazione politica e civile, l’impegno per favorire la “presa di coscienza” non devono essere tanto rivolte verso gli oppressori, il “Principe”, nel tentativo di persuaderli del contrario affinché varino improbabili riforme calate dall’alto, quanto verso gli oppressi, in modo tale da fare maturare dal basso la “coscienza della forza” e fare sì che, a partire dalle classi sociali meno abbienti, una popolazione “in sé” di “sudditi” divenga un popolo “per sé” di cittadini pronti a lottare per le loro ragioni ignorate e disconosciute, i loro bisogni disattesi ed i loro diritti calpestati, azzerati e limitati.

 

 

 



Potrebbe interessarti anche

Ultimi Articoli