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5 Maggio, 2024

Festa della Liberazione, anche contro il “regionalismo discriminatorio”



Dal punto di vista sociale, economico e della fruizione dei più basilari diritti di cittadinanza, l’Italia è un Paese spaccato tra Nord e Sud, centri e periferie, zone interne ed urbane. Rispetto a tale quadro di forti disparità territoriali, che si intrecciano e complicano anche con quelle di genere e generazionali, il governo dei patrioti alla Meloni e dei sovranisti alla Salvini pensa bene di acuirle ulteriormente tramite un “infame” e “sciagurato” scambio di figurine elettorali: il premierato forte a Fratelli d’Italia, il regionalismo differenziato e discriminatorio alla Lega Nord e la giustizia a Forza Italia.

Insomma, la classica promozione del proprio interesse “particulare” elevato a sistema generale di (s)governo generale, anche a costo di frantumare prima e balcanizzare poi un Paese già ampiamento diviso e diseguale. Rispetto alla portata storica di tale progetto eversivo dello spirito e della lettera del dettato costituzionale, se è vero che l’opposizione contro è cresciuta nel corso degli cinque anni, è anche vero che, tranne rare eccezioni, chi potrebbe mobilitare ingenti risorse finanziarie, culturali e sociali di contro mostra di avere il braccino corto. Gioca al risparmio e sul filo del fuorigioco, in quanto alle roboanti dichiarazoni contro non fa riscontro un’uguale mobilitazione sia sul piano mediatico sia sul piano della costruzione della mobilitazione popolare.

Oggi 25 aprile 2024, per contribuire a dare nuova linfa alla Festa della Liberazione bisogna attualizzarne il senso anche rispetto al regionalismo discriminatorio, ricordando che gli antifascisti, i partigiani e i padri costitenti si impegnarono per una Repubblica una e indivisibile sia sul piano formale che su quello sostanziale, e non certo per gerarchizzare le regioni italiane sulla base di atavici pregiudizi antimeridionali.  

    



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