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26 Aprile, 2024

L’inganno dell’autonomia “buona” del dem Stefano Bonaccini: il Movimento della Sardine si spacca o resta coeso?



Secondo il parere di alcuni simpatizzanti delle “Sardine”, la richiesta di maggiore autonomia avanzata dalla Regione Emilia Romagna rappresenterebbe una forma “buona” di regionalismo differenziato, contrapposta a quello cattiva “avanzata” dalle Regioni Veneto e Lombardia. Pertanto, sarebbe sbagliato spaccare il Movimento prendendo posizione pro o contro il modello di regionalismo differenziato emiliano-romagnolo.

Ebbene, vediamo nel metodo e nel merito le caratteristiche peculiari della famigerata “autonomia buona” reclamata a gran voce dal dem Stefano Bonaccini subito dopo la sua riconferma alla guida della Regione “rossa” per antonomasia.

La firma in gran segreto

Nel metodo si deve osservare che, alla stregua di quelle lombardo-venete, la sua richiesta di “autonomia buona” è il frutto della firma in gran segreto delle Pre-Intese datate febbraio 2018, quando l’allora Governo Gentiloni era in carica per i soli “affari correnti”. Ed è universalmente noto, che le richieste di maggiore autonomia, ossia di più poteri, funzioni e soldi siano un “affare corrente”, rispetto al quale non deve essere aperto un ampio, articolato e diffuso dibattito pubblico nel Paese per poterne valutare costi e benefici sociali, economici, finanziari, giuridici, politici e culturali.

Il Parlamento a mani legate

Inoltre, sempre rispetto al metodo, l’“autonomia buona” del dem Bonaccini riserva al Parlamento una funzione ratificatoria, privandolo del potere di emendare. Gli fa eco il suo compagno di Partito, il dem Francesco Boccia, che, nel suo disegno legge sul regionalismo differenziato, prevede per il Parlamento la stessa funzione ancillare, a mani legate.

“Il colpo di Stato dei ricchi”: il farsi ‘Satapria’ dell’Emilia Romagna in funzione del “Grande Nord”

Nel merito, per quanto concerne gli aspetti giuridico-politici, è vero che Bonaccini si è limitato a richiedere in “gran segreto” “solo” 16 materie, rispetto alle 23 del Veneto, ed alle 20 della Lombardia, ma è anche vero che, alla stregua del duo Zaia-Fontana, ha richiesto di governare in proprio la scuola, la ricerca scientifica, le autostrade, le ferrovie, le vie di navigazione, minando ulteriormente l’unità nazionale tanto sul piano culturale quanto su quello infrastrutturale. Scuole, autostrade e ferrovie pagate dallo Stato coi soldi di tutti gli Italiani ed ora avocate a sé dalla “virtuosa” Emilia Romagna per farne cosa? Scuola e trasporti della ‘Satapria’ emiliano-romagnola secondo un disegno funzionale alla costruzione di un “Grande Nord” in opposizione allo Stato italiano, così, ridotto a “Stato Arlecchino”? Il costituzionalista Giuseppe Bertagna lo ha definito come “il colpo di Stato dei ricchi”.

Dalla legalizzazione dello “scippo di Stato” al “furto con destrezza”

Infine, sempre nel merito, ma questa volta per quanto concerne gli aspetti economico-finanziari, Bonaccini non perde occasione per sbandierare a manca e a destra che non intende togliere un euro a nessuno. E qualcuno ingenuamente ci casca di brutto. Ma vediamo bene come stanno veramente le cose.

Ebbene, l’articolo 5 della Bozza d’Intesa del 15 maggio 2019 recita testualmente che la Regione Emilia Romagna chiede che le venga assegnata “la spesa destinata a carattere, permanente, fisso e ricorrente, a legislazione vigente, dallo Stato nella Regione, riferita alle funzioni trasferite o assegnate”.  Il che, come ha ben messo in evidenza Natale Cuccurese, vuol dire che se lo Stato dovesse avere minori entrate, per assicurare all’Emilia Romagna le stesse risorse finanziarie “a carattere permanente, fisso e ricorrente” le dovrebbe sottrarre ad altre Regioni. E dove fare cassa per foraggiare la bulimica Emilia Romagna se non depredando ulteriormente il Sud, che, come ha ampiamente dimostrato il “Rapporto Italia” dell’Eurispes, dal 2000 al 2017 è stato defraudato della modica cifra di 840 miliardi di euro?

Infatti, l’attuale livello di spesa “fissa e ricorrente” a vantaggio della “virtuosa” Emilia Romagna è il frutto degli iniqui criteri di ripartizione dei “pani e dei pesci” tra i territori italiani, in primis, il criterio della “spesa storica”, che, come un “Robin Hood alla rovescia”, ruba ai poveri per dare ai ricchi, drenando flussi di miliardi di spesa pubblica allargata dal Sud al Centro-Nord, compresa l’Emilia Romagna. Si ricordi, ad esempio, che a parità di popolazione con la Puglia, l’Emilia Romagna si è beccata nel corso degli ultimi dieci anni circa 1 miliardo in più per la Sanità.

Rispetto a tutto ciò, l’approvazione del regionalismo differenziato non solo consentirebbe a Bonaccini di legalizzare lo “scippo di Stato”, cristallizzando ed acuendo in questo modo il divario Nord/Sud, ma, come recita, il già citato articolo 5 qualora non siano adottati i fabbisogni standard le regioni dovranno ricevere almeno il valore medio procapite della spesa statale rapportata ai cittadini residenti. E qui casca l’asino! Infatti, il valore medio pro-capite della spesa statale per le singole materie consentirebbe all’Emilia Romagna, al Veneto ed alla Lombardia di allungare le mani sulla cassa ministeriale dell’Istruzione, beccandosi, come ha calcolato Cuccurese, la modica cifra di circa 3 miliardi in più sottratti alle solite Regioni meridionali. Il tutto, è stato definito dal costituzionalista Massimo Villone,  “furto con destrezza”.

Ora, dato questo quadro di profonde sperequazioni, che il federalismo estrattivo sia in salsa emiliano-romagnola che in salsa lombardo-veneta acuirebbe ancora di più, chi spaccherebbe il Movimento delle Sardine? Coloro che nel silenzio assenso non denunciano lo “scippo di Stato” ed i reiterati tentativi di “furti con destrezza” o coloro che li hanno denunciati e continuano a farlo? Chi tace sulle “due Italie” o coloro che pongono il problema della loro unificazione sociale, economica, civile e culturale?

08/02/2020 – Salvatore Lucchese   



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