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5 Maggio, 2024

Il Mezzogiorno tra “ortodossi” ed “eretici”, tra inutili “scomuniche” e mobilitazioni costruttive. Quale linea appoggiare per “fare comunità”?



A prescindere dalle timide, balbettanti e tardive se non latitanti organizzazioni nazionali, mentre, nonostante anche le reiterate sollecitazioni interne, settori più o meno ampi della cosiddetta sinistra radicale napoletana non solo hanno preso posizione in ritardo contro la proposta di autonomia differenziata avanzata dalle Regioni “golpiste” Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna e da quando lo hanno fatto, per lo più, tendono a muoversi in modo del tutto autoreferenziale, secondo una logica di “apparato”, nel “recinto” ideologico della loro presunta ortodossia marxista ed antiliberista, ortodossia che li induce sia a disconoscere e/o sminuire la portata dirimente e dirompente della conclamata questione meridionale, sia a non richiedere la definizione dei livelli essenziali di prestazione, dei fabbisogni e dei costi standard dei servizi – posizione, che, di fatto, li accomuna a quella delle suddette Regioni “secessioniste”, che dal 2014 al 2017 hanno indebitamente sottratto ai territori meridionali la “modica” cifra di 245 miliardi di euro di spesa pubblica allargata, azzerando e dimezzando i più basilari diritti sociali e civili di cittadinanza dei loro residenti – a Napoli c’è chi non solo da tempi non sospetti ha denunciato mediante iniziative pubbliche, anche di alto profilo politico, culturale ed amministrativo, il carattere discriminatorio, iniquo, asimmetrico ed estrattivo del federalismo differenziato, ma si è attivato e continua ad attivarsi a partire dal basso, dai territori e dal sociale per un processo di tras-formazione e di riscatto del Mezzogiorno dalla sua condizione di subalternità incentrato sull’auto-emancipazione delle sue classi lavoratrici, precarie e popolari.

Si tratta della rete Il Sud Conta e della Federazione del sociale USB Campania, che in stretta sinergia tra loro promuovono sui territori meridionali iniziative finalizzate allo stesso tempo sia a contrastare il carattere iniquo e discriminatorio della “perversa” attuazione del federalismo fiscale e dell’istituzionalizzazione del Mezzogiorno come “colonia interna estrattiva” di risorse economiche, finanziarie ed umane grazie all’eventuale approvazione della cosiddetta autonomia regionale differenziata, sia a promuovere iniziative di lotta e di mobilitazione in difesa delle comunità territoriali e dei lavoratori.

Tra queste ultime iniziative si annovera la lotta per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori per la realizzazione di progetti per Attività di Pubblica Utilità: 2600 APU, 2600 cittadini che rivendicano il loro diritto al lavoro. A questo proposito, da anni impegnato sul territorio campano e partenopeo in lotte di carattere sociale e nella promozioni di importanti iniziative e mobilitazioni di carattere politico-culturale, animatore de centro sociale Zero81 – Laboratorio di Mutuo Soccorso e membro dell’Esecutivo nazionale della Federazione del sociale, Giovanni Pagano ha dichiarato che: “Per me difendere il Sud e i meridionali vuol dire mettere al centro le condizioni delle sue classi lavoratrici, dei più deboli. Solo così possiamo davvero costruire una prospettiva dignitosa per i nostri territori!”.

I risultati ottenuti? Avere contribuito a rallentare se non a bloccare il “colpo di Stato” dei “ricchi”, che se attuato, sottrarrebbe, da prime proiezioni Svimez, circa 190 miliardi di euro di spesa pubblica alle regioni meridionali, determinandone, così, il collasso definitivo dei servizi statali – istruzione, sanità, trasporti – e dopo mesi lotte, tra cui anche lo “sciopero alla rovescia” del 1° luglio 2019, di rigoroso studio delle normative vigenti, di reiterati scontri con la Regione Campania, di incontri con i Comuni interessati sono riusciti ad ottenere un tavolo di confronto con il Ministero del lavoro.

“Ottenere il tavolo al Ministero è stato un risultato importante – sottolinea Pagano – La costanza della battaglia dei lavoratori ha premiato. C’è l’esigenza di risorse umane nel servizio pubblico e i lavoratori sono pronti. Il Sud ha bisogno di un grande piano di occupazione, per la messa in sicurezza del territorio e il rilancio dei nostri comuni. Il tavolo del 9 deve segnare un cambio di passo”.

Dunque, mentre a fronte della proclamazione della nascita di comitati di scopo, aree della cosiddetta sinistra radicale elevano “muri” ideologici e dall’alto della loro presunta purezza dottrinaria, preservata gelosamente e dogmaticamente dai “papetti” locali di un’autoproclamatasi “Chiesa rossa” seguita da uno numero sempre più esiguo di fedeli, che oramai, tende a coincidere con i soli “sacerdoti” depositari delle “sacre scritture”, disconoscono e/o non danno un apporto adeguato alle più ampie mobilitazioni di piazza contro l’autonomia differenziata, così come lanciano i loro “anatemi” e le loro “scomuniche” sia contro gli “eretici” che osano citare studi critici “borghesi”, sminuendone le critiche costruttive a mera “polemica” fine a se stessa, o, ancora peggio, sia contro coloro che commettono il “peccato mortale” di confrontarsi con le istituzioni locali per ampliare il fronte di opposizione al federalismo estrattivo, c’è chi si “sporca le mani”.

C’è chi contribuisce a “fare comunità” in modo “eretico”, laico, costruttivo e propositivo. Vale a dire c’è chi, come Il Sud Conta e la Federazione del sociale – USB Campania, si attiva per favorire la presa di coscienza da parte dei lavoratori precari della dignità del proprio essere persona e conseguentemente dei propri diritti azzerati, calpestati e disattesi grazie all’impegno continuo e sistematico sui luoghi di lavoro e sui territori, all’organicità fondata sulla vicinanza e sulla prossimità, alla coerenza delle proprie azioni, a forme di lotta anche creative, allo studio rigoroso dei problemi concreti ed al confronto costruttivo con le istituzioni.

Chi ringraziare? E soprattutto quale linea appoggiare per “fare comunità”? La linea degli ortodossi che sì salveranno la purezza incontaminata delle loro “anime belle”, le loro “anime” “rosse”, destinandole alla salvezza eterna del “paradiso comunista” ma qui ed ora incidono poco o niente su questa “terra” o la linea degli “eretici”, che, sì destinano le loro “anime” all’inferno, ma, nel frattempo, si impegnano strenuamente affinché questa “oscura” ed “impura” “valle di lacrime” diventi un po’ meno “oscura” diseguale ed ingiusta?

Il Mezzogiorno ha bisogno degli “ortodossi”, che tendono a disconoscere e/o sminuire opportunisticamente e vilmente la portata del suo divario col Nord e che, di fatto, entrando a fare parte del “Grande Partito Trasversale del Nord” insieme ai leghisti Stefani, Fontana e Zaia e al pidduino Bonaccini, non richiedono la restituzione di quanto gli è stato espropriato in termini di risorse finanziarie, di diritti e di opportunità di crescita e di occupazione o ha bisogno degli “eretici”, che lottano per i diritti della propria terra a partire dalle lotte in difesa degli “ultimi”? Ha bisogno che il divario con il Nord aumenti o che si mettano in campo politiche di perequazione e di piena e definitiva convergenza? Ha bisogno che gli esponenti settentrionali delle aree della cosiddetta sinistra radicale accusino di “razzismo antisettentrionale” i loro “compagni” del Sud che “osano” denunciare la questione meridionale, capovolgendo, in modo del tutto mistificatorio, i rapporti tra oppressi ed oppressori, o ha bisogno di chi gli faccia prendere coscienza della sua condizione di “colonia interna estrattiva”, di chi lo faccia “insorgere” civilmente in difesa dei suoi diritti facendo sistema tra tutte le sue forze sociali, economiche, politiche e culturali migliori?

“Chi ha il coraggio di cambiare viene sempre considerato un traditore da coloro che non sono capaci di nessun cambiamento”. (Amos Oz)

11/07/2019 – Salvatore Lucchese

 

 

 



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