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3 Maggio, 2024

Nasce il Partito meridionalista-Indipententisti Siciliani e Duosiciliani. Le cause della crescita dei Partiti e dei movimenti meridionalisti



Dopo il lancio del Movimento 24 Agosto (M24A) promosso da Pino Aprile, sta per nascere anche il Partito meridionalista-Indipententisti Siciliani e Duosiciliani.

Infatti, come è stato comunicato dal portavoce Alessandro Citarella in un post pubblicato sulla pagina facebook della Confederazione dei Movimenti Identitari, in occasione del Congresso straordinario tenutosi a Pretoro (CH) il 23 ed il 24 agosto, il Movimento Duosiciliano (MDS) “ha espresso la volontà di trasformare il movimento in ‘Partito meridionalista-Indipententisti Siciliani e Duosiciliani” attraverso la fusione tra MDS e Meridionalisti Indipendenti”.

L’atto formale – si specifica nel comunicato – avverrà, come dichiarato dal responsabile politico di MDS Michele Ladisa, a breve, a Marsala, in Sicilia. In quel momento è prevista anche la confluenza in questo soggetto politico di gruppi politici organizzati che operano nell’isola”.

Piuttosto che screditare, lanciare anatemi o porre divieti, riecheggiando da una parte e dall’altra temi ed impostazioni della “guerra delle idee” del decennio 1860-1870, bisogna interrogarsi sulle ragioni che sono alla base della costituzione di nuove formazioni politiche meridionaliste che favoriscono l’aggregazione di organizzazioni preesistenti.

Ebbene la causa fondamentale della nascita di partiti e movimenti meridionalisti che si apprestano a presentarsi alle prossime tornate elettorali è da ricercare innanzitutto nel vuoto di rappresentanza dei bisogni disattesi e dei diritti azzerati e/o dimezzati dei cittadini del Mezzogiorno.

Meridione che, nel corso degli ultimi trent’anni circa ed in concomitanza con l’ascesa egemonica della “questione settentrionale”, è stato letteralmente rimosso dall’agenda politica nazionale attraverso la soppressione della Cassa per il Mezzogiorno (1984), la sua cancellazione dalla Carta costituzionale (2001) ed, infine, il passaggio storiografico e culturale dal Sud come “questione” al Sud “normale” (1987). Tanto è vero che ancora oggi, ignorando tutti i dati statistici, gli studi economici ed i puntuali rapporti della SVIMEZ che dimostrano l’esatto contrario, il presidente della Società italiana per lo studio della storia contemporanea Fulvio Cammarano sostiene che “Il meridionalismo è morto, svuotato di ogni significato”, in quanto “non si può negare che a un secolo e mezzo dall’Unità gli sforzi, gli investimenti, i progressi abbiano prodotto buoni risultati al Sud.

Quali siano state le implicazioni politiche e le devastanti conseguenze sociali, economiche e civili di tale rimozione lo dimostrano, ad esempio, il crollo della spesa pubblica finalizzata allo sviluppo del Sud, 0,15% del PIL nel quinquennio 2011-2015; lo “scippo di Stato” di oltre 60 miliardi di euro l’anno di spesa pubblica allargata per abitanti nel solo quadriennio 2014-2017; l’accentuarsi della desertificazione industriale e demografica con oltre 2 milioni di emigranti nel quindicennio 2002-2017; i tassi di crescita più bassi rispetto al resto del Paese, 3,3% nel quadriennio 2015/2018.

Insomma, alla stregua di un vampiro, una parte preponderante del Paese, il Centro-Nord, succhiando ed estraendo risorse finanziarie, economiche ed umane alla parte più debole, il Sud, e a dirlo non sono delle “conventicole” di neoborbonici, bensì la prestigiosa SVIMEZ e l’autorevole Quotidiano del Sud, cerca di sopravvivere nel mondo globalizzato, assicurandosi un tasso di crescita dello 0,3% nel 2019 e riservando 3 mila euro a bambino per spese scolastiche ai Comuni della “virtuosa” Brianza, mentre assegna zero euro ai bambini delle “incivili” Casoria (NA) o Altamura (BA). Una vergogna etica, civile e politica che solo in pochi hanno avuto il coraggio di denunciare, contrastare e rivedere sul piano politico.

Il tutto è avvenuto grazie al “silenzio complice” e/o all’apporto attivo delle principali forze politiche, sociali, economiche e culturali a livello nazionale, che, nell’inseguire la Lega Nord sul suo terreno di rivendicazioni localistiche ed egoistiche, hanno risposto al rigore europeista ed alla crisi finanziaria del 2007-2008 scommettendo sulla “locomotiva” del Nord Italia

In questo modo, a partire dal 2009, grazie all’adozione del meccanismo della spesa storica, l’“attuazione perversa” del federalismo fiscale promossa dal “Grande Partito Trasversale del Nord” – Forza Italia, PD, Lega Nord – ha accentuato gli squilibri sociali, economici e civili a livello territoriale, drenando risorse dai più poveri ai più ricchi, dal Sud al Nord. Una “rapina” di Stato che l’attuazione del regionalismo differenziato, iniquo e discriminatorio avrebbe voluto ratificare, accentuando la dipendenza “coloniale” dei “vagoni” meridionali rispetto alla “locomotiva” settentrionale, per consentirle, successivamente, di dare vita al “Grande Nord” in chiave europea. Il sacrificio di una parte del Paese ritenuta in “cancrena”, il Meridione, per salvarne la parte ritenuta ancora sana, il Settentrione. Una scelta che si caratterizza anche per le sue connotazioni discriminatorie e razziste, che affondano le loro radici storiche nel mito della “razza maledetta”.

Dunque, la presa di coscienza delle scelte politiche che hanno accentuato il dualismo e le diseguaglianze tra il Nord ed il Sud d’Italia sta dando un nuovo impulso ai tentativi di costruzione di soggetti politici meridionali e meridionalisti, così come sta favorendo un processo di ripensamento all’interno delle forze politiche nazionali sulla validità delle loro scelte strategiche, nonché incostituzionali ed, in ultima istanza, “eversive” compiute negli ultimi anni.

Se le forze politiche nazionali avranno la forza e la credibilità di rivedere radicalmente il paradigma nord-centrico in favore di un’equa redistribuzione delle risorse pubbliche, di un  nuovo “New Deal ambientale”, di un paradigma euro-mediterraneo di sviluppo capace di rilanciare la questione meridionale come questione nazionale ed europea, allora le nascenti forze politiche meridionaliste potranno anche essere contenute sul piano politico-culturale. In caso contrario, il loro peso ed i loro consensi potrebbero aumentare ed estendersi e a nulla varrebbero le varie prese di posizione contro i “Partiti del Sud”.

Comunque, sia nella prima che nella seconda ipotesi, il rafforzarsi e/o la nascita di soggetti politici meridionalisti a vocazione territoriale ed identitaria o ad orientamento democratico, radicale e socialista non sono la causa del problema, bensì l’effetto. Non sono la causa della malattia, bensì il sintomo. La causa della malattia è il crescente divario sociale, economico, civile e culturale promosso dalla parte ricca del Paese a discapito di quella povera: oramai, le crescenti diseguaglianze sotto lo stesso “cielo” della Carta costituzionale sono divenute inaccettabili!

28/08/2019 – Salvatore Lucchese     



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