15.2 C
Napoli
5 Maggio, 2024

Lettare aperta al Governatore De Luca dal dott. Franco Matrone



Buongiorno Presidente De Luca,

in queste ore in cui l’intero Paese sembra leccarsi le ferite di una epidemia atroce che ha sconquassato nell’intimo famiglie intere e ha messo a dura prova l’Italia e foriera di una crisi economica e sociale che chiederà a tutti noi, purtroppo, un prezzo altissimo e dalle conseguenze imprevedibili, soprattutto per le categorie più fragili e diseredate,  mi permetto richiamare forte l’attenzione su alcuni punti che Le avevo in precedenza inviato (lettera del 10 marzo us), e che ho rilevato, hanno trovato riscontro, ovviamente senza alcun personale merito, nelle Direttive regionali da Lei emanate ma che ancora su altri punti resta carente.

In un momento in cui sparisce finalmente il lockdown e si ritorna ad una vivibilità relazionale appena sufficiente i rischi che si possa innescare una recrudescenza dei contagi è dietro l’angolo ma la popolazione deve pur abituarsi a convivere con questa epidemia in attesa di soluzioni, speriamo definitive, se mai ci saranno.

Intanto ad oggi abbiamo implementato il numero dei posti di TI indispensabili per sostenere i malati gravi, sperando non debbano riempirsi in futuro, e abbiamo messo in campo alcune iniziative, timide per la verità, come le USCA ma che se implementate ci consentiranno di individuare cluster di contagiosità, isolarli, monitorarli e estinguerli. Per questo mi permetto sottolineare tre punti importanti per aiutare a rendere più concrete e utili le prossime iniziative legislative che in tanti attendono.

La prima riguarda i test sierlogici quantitativi (in verità ancora non efficaci al 100%  in sostituzione degli inutili e costosi rapid test ) per testare da subito tutta la popolazione maggiormente esposta, in particolare tutti gli operatori sanitari in prima linea sul fronte caldissimo delle urgenze/emergenze diagnostiche e cliniche verso chi ha contratto il virus, e che hanno già pagato un prezzo altissimo (in Italia 158 medici deceduti, su 19K operatori sanitari contagiati) e che ora hanno bisogno da subito di massima tutela per loro, le loro famiglie e, vista la riapertura delle attività ambulatoriali territoriali ed ospedaliere per non essere, come spesso accaduto in questi giorni (quasi tutti gli Ospedali della Campania sono stati contaminati dal SarsCov2 con pochissime eccezioni), causa di contagio essi stessi verso l’utenza a loro indirizzata.

Sierologia a tappeto e per i positivi, tamponi di conferma subito con risposte in tempi ristretti.

Ed a cascata per tutti coloro che per le specifiche attività lavorative piu varie si trovano ad operare sul front office.

La seconda è un invito a produrre da subito una riforma di pianificazione sanitaria non più ospedalocentrica ma territoriale.

Questa epidemia, e quella che ritornerà in autunno, si vince soprattutto sul territorio più che negli ospedali. Dobbiamo migliorare e potenziare la rete territoriale l’unica in grado di andare a scovare il virus e suoi contagi paese per paese, distretto per distretto e chiudere la possibilità che allargandosi ripeta la tragedia di vedere T.I. ospedaliere sull’orlo del collasso con gravissimi danni collaterali come è successo da marzo in qua con pazienti seri e gravi che hanno ritenuto, sbagliando per paura di contagi, di non affidarsi alle strutture ospedaliere e restati a casa decidendo purtroppo, in molti casi, l’esito finale delle patologie di cui portatori.

Questo non deve più accadere e lo si può impedire solo migliorando e finanziando in primis la medicina territoriale che in questi anni non è stata sostenuta adeguatamente, ovviamente anche per situazioni contingenti al commissariamento del Governo centrale.

Ripeto fino alla noia. Se non si parte da un attento tracciamento territoriale, si rischia di non uscirne più.

Ed infine in successione il problema della terapia.

Per due mesi, due lunghi mesi Presidente De Luca ci siamo sentiti dire dai partecipanti alla task force del Governo regionale (e tralascio per carità di patria quello nazionale) che l’approccio ai primi sintomi di un probabile Covid19 ( perché passata l’ondata dell’influenza di stagione, febbre, tosse e astenia non possono essere ritenuti sintomi di colpo di sole ma fortemente sospetto di Covid in piena epidemia) era costituito dal solo paracetamolo e qualche antibiotico a largo spettro, diffidando, finanche, atraverso i media nazionali, i colleghi a non usare altri farmaci in attesa di disposizioni da parte dell’ISS. Minacciando denuncia all’autorità giudiziaria. Per fortuna, e non ho nessun problema a dirlo, tantissimi medici hanno agito come si deve, con scienza e coscienza somministrando off label altri presidi farmacologici, ottemperando alla propia missione di provare a evitare aggravamenti della Covid tale da richiedere il ricovero in TI.  E anche questo, Presidente, ha fatto sì che spesso pazienti curati a domicilio da medici di MG capaci e preparati, ha evitato il dramma di saturare gli ospedali e le unità di TI come purtroppo abbiamo assistito in altre parti d’Italia.

A loro va solo detto grazie del coraggio e della lungimiranza.

Sulla scia della coraggiosa collega anestesita di Codogno (LO) che contravvenendo al protocollo ministeriale ha scoperto il paziente zero in Lombardia rivelando al mondo il focus epidemico italiano.

A volte non sempre l’ortodossia dei comportamenti incarna la verità scientifica.

Di questo bisogna far tesoro e riconoscere i propri limiti.

La terza e chiudo, si collega a questa parte importante dell’approccio terapeutico all’epidemia.

Anche e soprattutto per trovarci preparati al suo ritorno.

Manca a tutt’oggi un protocollo terapeutico condiviso a livello nazionale, e di conseguienza a livello regionale. Si incentra tutto su tentativi personalizzati di terapie, alcune innovative e sperimentali che hanno sì salvato vite, ma che hanno trovato applicazione pratica quando le condizioni dei paziente erano gravi, se non profondamente compromesse e di cui bisognerà valutare a distanza di tempo il recupero e i postumi. Spero di sbagliarmi ma credo ragionevolmente che questo aspetto costituirà un secondo tempo importante della fase pandemica, ancora tutto da scrivere.

Ecco perché mi permetto di sostenere una idea, condivisa con una equipe di esperti e fatta propria dalla società civile nell’ambito della citizen sciences elaborata dall’infettivologo Prof. Claudio Puoti e collaboratori che abbiamo inviato al Governo centrale e a tutti i Presidenti delle Regioni,  aggiungendo alcune proposte operative per un ipotesi di recepimento, sperando in una iniziativa legislativa parlamentare (alcuni aspetti potrebbero tranquillamente essere recepiti in Leggi regionali o Decreti Presidenziali) e in aggiunta a questo, una comunicazione forte della condivisione e supporto di un gruppo operante in rete e sottoscritta da oltre 12K medici su 107K del gruppo di riferimento che, a tutt’oggi, costituisce la più grande piattaforma europea e forse planetaria di expertise medica di alto profilo scientifico mai realizzata.

Di tutto questo Le allego in calce quanto esplicitato in questa mia, con la preghiera di leggere e approfondire per una Sua valutazione attraverso lo staff di esperti sull’argomento da Lei costituito .

Nel salutarla a nome dei tantissimi colleghi, Le porgo distinti saluti, disponibile ad ogni chiarimento.

Franco dr. Matrone

Coordinatore Branca Ginecologia ed Ostetricia  ASL NA3 sud        11 maggio 2020

Protocollo domiciliare di primo impatto al paziente sospetto per COVID19.

Mi chiamo Claudio Puoti e sono un medico infettivologo ed epatologo di Roma.

Come me, centinaia di persone sono rimaste turbate per il gran numero di pazienti sintomatici che dopo

giorni di permanenza a casa con il solo paracetamolo hanno presentato improvviso e rapido aggravamento che ha portato al ricovero e talora al decesso. Nel rispetto dei ruoli, unitamente ad un gruppo di esperti ho elaborato un documento tecnico per una terapia domiciliare precoce, che ha avuto l’adesione di oltre 2000 persone, medici, ricercatori e cittadini, espressione della società civile.

PROPOSTA DI PROTOCOLLO TECNICO OPERATIVO

PER IL TRATTAMENTO DOMICILIARE PRECOCE DELLA COVID

«Nonostante le misure in atto ormai da oltre un mese, la sospensione degli eventi di massa, il lockdown, la chiusura della maggior parte delle attività produttive, la curva dei contagi diminuisce con eccessiva lentezza.

Ancora alto appare il numero di pazienti che necessitano di ricovero ospedaliero, in particolare nelle terapie intensive e nelle rianimazioni. Andrebbero implementati i sistemi di sorveglianza e di controllo e le attività territoriali e c’è una sopravvalutazione del ruolo dei tamponi per la gestione dei casi con chiara sintomatologia, che talora vengono eseguiti in ritardo.

Si è creato quindi una sorta di imbuto tra il numero di persone che dovrebbero essere diagnosticate, assistite e curate e la disponibilità delle forze in campo.

La conclusione di questa somma di circostanze è che ancora troppe persone rimangono a lungo a casa spesso trattate con il solo paracetamolo, in assenza di controlli clinici e strumentali. Ne deriva che un numero rilevante di pazienti va incontro ad improvviso e rapidissimo aggravamento, con inevitabile ricovero ospedaliero e spesso con necessità di ventilazione invasiva, non raramente vana in quanto subentra il decesso.

Il nostro gruppo ha lanciato un appello agli aderenti perché indicassero casi ricoverati o deceduti a seguito di tardivo intervento terapeutico, e sono già arrivate molte decine di segnalazioni.

In un momento così drammatico per la vita del Paese noi non intendiamo innescare alcuna polemica né appropriarci di un ruolo che non è il nostro, ma solo sollecitare le istituzioni preposte ad una riflessione sulla possibilità di impostare rapidamente una differente organizzazione ed una diversa e più flessibile gestione domiciliare.

Per tale motivo gli specialisti del nostro gruppo hanno elaborato e propongono un protocollo tecnico per la gestione precoce della COVID, che offrono all’attenzione delle Istituzioni»

  1. A) Premessa
  2. Il numero di decessi a causa della malattia COVID è ancora eccessivamente elevato;
  3. Parte di questi decessi è legata ad un tardivo intervento terapeutico, che in diversi casi determina rapida quanto irreversibile evoluzione della malattia;
  4. L’eccessiva ospedalizzazione può essere a sua volta fonte di contagio e di diffusione dell’epidemia,

soprattutto nel personale di assistenza COVID;

  1. È necessario quindi che si pervenga quanto prima alla riorganizzazione dell’assistenza domiciliare ed allo spostamento dell’attenzione dall’ospedale al territorio;
  2. Un intervento precoce a livello territoriale mirato alla identificazione dei casi e all’inizio immediato di terapia domiciliare porterebbe ad una riduzione dei casi severi, ad una diminuzione dei ricoveri, ad una minore pressione sulle strutture sanitarie e in prospettiva ad una sensibile riduzione dei decessi;
  3. Bisognerebbe evitare il trattamento sin qui effettuato con il solo paracetamolo, inadeguato da solo ad evitare un aggravamento dei sintomi e ad impedire evoluzioni anche fatali in casi inizialmente non gravi.
  4. Bisogna incrementare il numero dei tamponi rapidi per incrementare il numero delle diagnosi, “scoperchiare il “sommerso” e limitare la diffusione del virus.
  5. B) Razionale
  6. L’associazione idrossiclorochina-azitromicina si è rivelata in alcuni studi sebbene non controllati e non doppio cieco in grado di prevenire l’evoluzione a forme più severe di COVID;
  7. Tale associazione è già entrata nei protocolli terapeutici di diverse nazioni;
  8. L’idrossiclorochina è un farmaco sostanzialmente maneggevole anche se non del tutto scevro da effetti collaterali anche potenzialmente letali, di gestione domiciliare, somministrato per os, ampiamente in uso in pazienti reumatologici;
  9. L’azitromicina è un antibiotico ampiamente usato nella pratica clinica, che in uno studio di associazione con idrossiclorochina si è dimostrato in grado di aumentare i casi di eliminazione virale rispetto alla sola idrossiclorochina;
  10. Entrambi i farmaci possono determinare alterazioni della conduzione cardiaca (allungamento del QTc), con possibile innesco di tachicardie ventricolari ed arresto cardiaco;
  11. In assenza di studi controllati e di valutazione istituzionale, è alto il rischio che alcuni pazienti possano pervenire ad auto somministrazione di uno o di entrambi i farmaci;
  12. L’uso off-label dovrebbe avvenire unicamente nell’ambito del piano nazionale di gestione dell’emergenza COVID-19;
  13. Il costo dei due farmaci è esiguo (idrossiclorochina : circa 7 euro per una confezione di 30 compresse da 200 mg; azitromicina: circa 7 euro per una confezione da 3 compresse da 500 mg).
  14. C) Protocollo operativo
  15. Considerata la cessazione dell’epidemia influenzale, peraltro quest’anno di minore impatto, ogni paziente che presenti febbre superiore a 37.5° e tosse incoercibile da almeno 24 ore deve essere considerato come un caso di COVID, senza necessità di conferma;
  16. Date le limitate risorse, i lunghi tempi di esecuzione e di risposta, i possibili falsi negativi nel periodo finestra, l’effettuazione di tamponi non è indispensabile ai fini della diagnosi clinica, e non dovrebbe comunque precludere l’inizio della terapia;
  17. Il trattamento si baserà, anche secondo le indicazioni AIFA, sulla somministrazione di idrossiclorochina, 2 compresse da 200 mg (400 mg) mattina e sera il primo giorno e una compressa da 200 mg ogni 12 ore per altri 5-7 giorni in base al quadro clinico con o senza azitromicina una cpr da 500 mg al giorno per sette giorni. Può essere considerata l’utilizzo di steroidi in casi selezionati.
  18. l’utilizzo di eparina sarà valutato nei singoli casi in base al sospetto clinico di coagulopatia e ai dati ematici (punto D-3). È indicata immediata somministrazione di enoxaparina alle dosi di 4000 UI x 2 s.c. o di 6000 UI x 2 s.c., in base al quadro clinico.
  19. È possibile anche che in futuro ci possano essere nuove opzioni terapeutiche che verranno prese in considerazione caso per caso.
  20. Ogni tentativo terapeutico deve indispensabilmente basarsi su una accurata anamnesi personale e

farmacologica, per evitare interazioni che possano potenziare i possibili effetti collaterali della terapia anti CoV, e di stretto contatto con il MMG del paziente.

  1. D) Aspetti organizzativi
  2. L’applicazione del protocollo su larga scala dovrebbe essere preceduto da una effettuazione nelle aree con maggiori indici di letalità, al fine di valutare a tempi brevissimi (10-15 giorni) l’eventuale riduzione dei decessi, dei ricoveri in rianimazione, dei casi sottoposti a ventilazione meccanica invasiva;
  3. Ogni paziente che presenti un quadro clinico di cui al punto C-1 da almeno 24 ore contatterà il numero verde regionale;
  4. I farmaci e le relative istruzioni per l’uso saranno recapitati a domicilio da una squadra composta da un medico e da un infermiere adeguatamente forniti di DPI, che provvederanno alla valutazione clinica, all’esame obiettivo, alla rilevazione dei parametri vitali (pressione arteriosa, frequenza cardiaca), alla esecuzione di saturimetria e di ECG di base, alla effettuazione di prelievo ematico per funzione epatica e renale, coagulazione completa, D-Dimero, G6PDh ed elettroliti (soprattutto potassiemia e magnesemia);
  5. I dati saranno registrati su una scheda che sarà conservata dal comitato di valutazione esiti;
  6. Ove possibile sarà effettuato anche il tampone, la cui esecuzione non deve comunque costituire elemento ostativo all’inizio della terapia (punto C-2);
  7. La stessa squadra rivaluterà il caso ogni 48 ore, registrando i parametri clinici e provvedendo alla esecuzione di ECG, in base alle indicazioni della Società Italiana di Cardiologia;
  8. Poiché una confezione di idrossiclorochina contiene 30 compresse e ne sono necessarie circa 14 per paziente, ogni scatola sarà divisa tra due casi;
  9. Il personale sarà reclutato su base volontaria, attingendo agli elenchi delle migliaia di medici e infermieri che hanno risposto all’appello del Governo per impegnarsi nelle aree di maggiore epidemia.
  10. E) Conclusioni
  11. Laddove i primi risultati nelle aree campione dovessero dimostrare entro due settimane un significativo decremento dei decessi, delle ospedalizzazioni, dei ricoveri in rianimazione, dei pazienti sottoposti a ventilazione, il protocollo potrà essere esteso su base regionale o nazionale;
  12. I costi economici sarebbero enormemente inferiori rispetto al carico derivante da ricoveri evitabili;
  13. Il probabile risparmio in termini di vite umane renderebbe comunque valida l’effettuazione di questo protocollo, al di là di ogni altra considerazione economica.

Al Ministro della Salute On.

Roberto Speranza

Ai Governatori di tutte le Regioni

Al presidente della FNOMCEO dott. Filippo Anelli

Ai Presidenti Federali degli Ordini dei Medici Regionali.

Siamo un gruppo creato su facebook di circa 100.000 Medici ( Coronavirus, Sars-CoV-2 e COVID 19 gruppo per soli medici), di tutte le specialità e di tutti i servizi territoriali e ospedalieri sparsi per tutta Italia, nato in occasione di questa epidemia, che da quasi 2 mesi ormai, sta scambiando informazioni sull’insorgenza della malattia causata dal Coronavirus, sul come contenerla, sul come fare , a chi rivolgersi, come orientare la terapia, come e quando trattarla, e siamo pressoché giunti alle stesse conclusioni : i pazienti vanno trattati il più presto possibile sul territorio, prima che si instauri la malattia vera e propria, ossia la polmonite interstiziale bilaterale, che quasi sempre porta il paziente in Rianimazione. Dagli scambi intercorsi e dalla letteratura mondiale , si è arrivati a capire probabilmente la patogenesi di questa polmonite, con una cascata infiammatoria scatenata dal virus attraverso l’ iperstimolazione di linfocitochine, che diventano tossiche per l’organismo e che aggrediscono tutti i tessuti anche vascolari, provocando fenomeni trombotici e vasculite dei diversi distretti corporei, che a loro volta sono responsabili del quadro variegato di sintomi descritti. I diversi appelli finora promossi da vari Organismi e Organizzazioni sindacali, che noi abbiamo condiviso appieno, sono stati rivolti a chiedere i tamponi per il personale sanitario, a chiedere i dispositivi di sicurezza per tutti gli operatori, che spesso hanno sacrificato la loro vita, pur di dare una risposta ai pazienti, senza tirarsi mai indietro. Proprio per non vanificare l’abnegazione di medici e personale sanitario, oltre ai 1 )Dispositivi di Protezione e ai 2) Tamponi, chiediamo di 3)Rafforzare il Territorio , vero punto debole del Servizio Sanitario Nazionale, con la possibilità per squadre speciali, nel decreto ministeriale del 10 Marzo, definite 4)USCA, di essere attivate immediatamente in TUTTE le Regioni ( molte delle quali soprattutto al Sud non sono ancora partite), in maniera omogenea, senza eccessiva burocrazia, avvalendosi dell’esperienza di noi tutti nel trattare precocemente i pazienti, anche con terapie off label, alcune delle quali peraltro già autorizzate dall’ AIFA. Siamo giunti alla conclusione che il trattamento precoce può fermare il decorso dell’infezione verso la malattia conclamata e quindi arginare, fino a sconfiggere l’epidemia. Il riconoscimento dei primi sintomi , anche con tamponi negativi ( come abbiamo avuto modo di constatare nel 30% dei casi) è di pura pertinenza Clinica, e pertanto chiediamo di mettere a frutto le nostre esperienze cliniche, senza ostacoli burocratici nel prescrivere farmaci, tamponi, Rx e/o TC, ecografia polmonare anche a domicilio, emogasanalisi, tutte cose che vanno a supportare la Clinica, ma che non la sostituiscono. Lo chiediamo, indipendentemente dagli schieramenti politici e/o da posizioni sindacali , lo chiediamo come Medici che desiderano ed esigono svolgere il proprio ruolo attivamente ed al meglio, dando un contributo alla collettività nell’interesse di tutti. Lo chiediamo perché tutti gli sforzi fatti finora col distanziamento sociale, non vadano perduti, paventando una seconda ondata di ricoveri d’urgenza dei pazienti tenuti in sorveglianza attiva per 10-15 giorni, ma che non sono stati visitati e valutati clinicamente e che ancora sono in attesa di tamponi. La mappatura di questi pazienti, asintomatici o paucisintomatici, e di tutti i familiari dei casi conclamati è oltremodo indispensabile per non incorrere in un circolo vizioso, con ondate di ritorno dei contagi appena finirà il ” lock down”.

 



Potrebbe interessarti anche

Ultimi Articoli