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28 Aprile, 2024

Le “Sardine” sul divario Nord/Sud tra punti di forza, omissioni e criticità



Sebbene siano da apprezzare in quanto contribuiscono a tenere accesi i riflettori sul Mezzogiorno, le richieste sottoposte ieri dagli esponenti delle “Sardine” al Ministro per il Sud Giuseppe Provenzano non sono prive di criticità, omissioni, imprecisioni ed anche qualche infelice “battuta goliardica”.

Cominciamo da queste ultime. Rispetto ad un Paese spaccato in due anche per i dati demografici, con una popolazione che cresce al Nord mentre il Sud si spopola e desertifica, Mattia Sartori, il leader emiliano-romagnolo delle “Sardine, per “riconnettere” le “due Italie” propone niente popò di meno che un “Erasmus tra le diverse regioni del Paese”.

Sì cari lettori, avete capito bene! L’Erasmus come una delle possibili soluzione al divario Nord/Sud. Evidentemente, partendo dal presupposto che il Settentrione ed il Meridione siano diventati due Stati indipendenti, Sartori ne vuole favorire gli scambi culturali tramite la mobilità degli studenti universitari. La proposta di Sartori si commenta da sola: una “battuta goliardica”.

Ed ora passiamo alle criticità, alle omissioni ed alle imprecisioni che sono state evidenziate dal Sud Conta, uno dei movimenti meridionalisti che nel corso degli ultimi mesi si è contraddistinto nella mobilitazione sia contro la “perversa attuazione del federalismo fiscale” sia contro il regionalismo differenziato, collaborando, tra gli altri, con Marco Esposito, giornalista del Mattino ed autore di Zero al Sud, e Massimo Villone, costituzionalista emerito della “Federico II” ed autore di Italia, divisa e diseguale.

Ebbene, le richieste per il Mezzogiorno avanzate dalle “Sardine” meridionali, richieste incentrate soprattutto sul rilancio degli investimenti pubblici in istruzione, ricerca ed infrastrutture, la qualcosa è un punto di forza ed è di per sé ampiamente condivisibile, non solo sono generiche, in quanto non ne sono specificati i criteri di ripartizione e di assegnazione dei finanziamenti, che, anche a causa della “spesa storica”, ad oggi favoriscono il Centro-Nord rispetto al Sud, ma, le loro proposte, come ha ben rimarcato Il Sud Conta, si caratterizzano pure per delle omissioni e delle imprecisioni.

Come recita, il comunicato del Sud Conta: “1) Non si chiede il ritiro immediato di tutte le richieste di regionalismo differenziato, compresa quella dell’Emilia Romagna; 2) Non c’è nessun riferimento al rispetto del vincolo del 34% per la spesa pubblica per il Mezzogiorno e allo scippo dei 65 miliardi annui tramite la fregatura della spesa storica; 3) Non c’è nessun riferimento alla restituzione di quanto indebitamente sottratto al Sud, 840 miliardi netti dal 2000 al 2017; 4) Si fa riferimento ad una definizione più puntuale dei Lep quando questi non sono stati ancora definiti”.

In effetti, porre l’attenzione sullo storico divario tra il Nord ed il Sud del Paese senza porre la questioni dell’equità, il vincolo costituzionale e normativo del 34%, e quella altrettanto fondamentale della perequazione sotto forma di restituzione di quanto indebitamento sottratto ai diritti dei cittadini del Sud, gli 840 miliardi di euro netti calcolati dall’Eurispes, corrisponde ad agire come quel medico che si appresta a curare una grave frattura scomposta ad una gamba soltanto con degli antidolorifici, anziché predisporre l’operazione e l’ingessatura dell’infortunato.

Come spiegare queste omissioni, queste imprecisioni e queste contraddizioni? Come il tentativo di trovare una mediazione tra la questione meridionale e quella settentrionale? E se così fosse, le loro proposte quale scambio prefigurerebbero tra le due aree del Paese? L’attuazione di un Piano straordinario per il Sud in cambio dell’attuazione del regionalismo differenziato e della conseguente rinuncia all’equità ed alla perequazione? In soldoni, 100 miliardi in dieci anni al Mezzogiorno, a tanto ammonta, secondo Provenzano, il Piano per il Sud, ossia, circa il 12% di quanto il Sud dovrebbe avere come restituzione, in cambio del regionalismo differenziato, vale a dire, dell’istituzionalizzazione non solo dello “scippo di Stato” già subito, ma anche del “furto con destrezza” da dovere ancora subire in favore del solito Nord “bulimico”?

Se così fosse, non solo occorre ricordare che le riforme istituzionali e strutturali, quali quelle relative all’autonomia regionale differenziata, rimangono mentre i Piani straordinari, soprattutto quelli per il Sud, oggi ci sono e domani non ci sono più, ma occorre anche ricordare che la Costituzione della Repubblica democratica italiana è una Costituzione prescrittiva ed i suoi principi non vanno soltanto proclamati ma anche attuati.

Pertanto, date le “due Italie”, la solidarietà va garantita e realizzata mediante il ritiro di tutte le richieste di regionalismo differenziato, la cosiddetta “secessione dei ricchi”, il rispetto del vincolo del 34% e la restituzione degli 840 miliardi sottratti nel corso degli ultimi diciassette anni ai 21 milioni cittadini italiani che risiedono al di sotto della linea del Garigliano. Cittadini che, ad oggi, a Costituzione rovesciata, sono considerati come cittadini di serie B, per i quali, nel corso dell’ultimo ventennio, lo Stato italiano ha speso per ognuno di loro una media di 10 mila euro, a fronte di una spesa statale pro-capite per i cittadini del Nord di 20 mila euro.

Il Sud ha bisogno di perequazione, altro che Erasmus!

12/02/2020 – Salvatore Lucchese 



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