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2 Maggio, 2024

Federico II – Osservatorio sul Regionalismo differenziato: le attuali Pre-Intese sono in contrasto con l’intera architettura costituzionale e prive di fondamento empirico e teorico



Cacciato dalla porta grazie allo sbarramento esercitato dal M5S, il regionalismo differenziato rientra dalla finestra a seguito delle trattative M5S/PD per la formazione di un Governo di legislatura “giallo-rosso”.

A riproporre l’attuazione dell’autonomia regionale differenziata è stato proprio il napoletano Luigi Di Maio, citandola al sesto dei dieci punti programmatici per l’avvio di un nuovo Governo. Le ambiguità e le contraddizioni all’interno dello stesso Movimento sul dossier autonomia sono confermate dalla decisa e ferma presa di posizione contro da parte della Presidente pentastellata della Commissione Finanze della Camera, la napoletana, ma romana d’adozione, Carla Ruocco, che, in un’intervista rilasciata al Quotidiano del Sud del 23 agosto 2019, ha testualmente dichiarato che: “L’operazione verità non si ferma. Questa autonomia è irrealizzabile”.

Nel frattempo, il PD di Nicola Zingaretti nicchia, molto probabilmente in quanto spera che la partita sul regionalismo differenziato venga chiusa sulla base del modello di Pre-Intesa presentata dalla Regione “rossa” per antonomasia: l’Emilia Romagna guidata dal Governatore PD Stefano Bonaccini. Basti pensare che il napoletano Nicola Oddati, responsabile per il Mezzogiorno del PD, in un’intervista rilasciata al Quotidiano del Sud del 24 agosto 2019, pur riconoscendo che il Nord è stato favorito “a danno del Sud con conseguenze devastanti” e pur affermando che l’autonomia non verrà mai realizzata “senza fondo perequativo” e senza l’abolizione della “spesa storica”, ha presentato la richiesta dell’Emilia Romagna come centrale, in quanto si caratterizza per essere “una proposta di autonomia equilibrata”.

È in questa contesto di ambiguità, incertezze e contraddizioni politiche sul regionalismo differenziato che si colloca il “contributo critico, scientificamente fondato, delle Università”, pubblicato il 26 agosto 2019 dall’Osservatorio sul Regionalismo differenziato.

Coordinato dal docente di Diritto costituzionale Sandro Staiano ed istituito presso il Dipartimento di Giurisprudenza del’Università di Napoli Federico II, l’Osservatorio ribadisce le “discrasie” e le “omissioni” che caratterizzano l’attuale percorso di attuazione dell’autonomia differenziata.

Innanzitutto, l’Osservatorio evidenzia che il residuo fiscale inteso come eccedenza tra i tributi pagati dalle Regioni e le spese pubbliche ricevute sui loro territori è “privo di fondamento” sia dal punto di vista teorico sia dal punto di vista analitico che metodologico-procedurale.

Infatti, se dal punto vista concettuale, il residuo fiscale è un “parametro idoneo a valutare l’adeguatezza dell’attività redistributiva” dello Stato e la presenza di residui fiscali in determinati territori “di cittadini dotati di maggior reddito sono eticamente giustificati”, dal punto vista analitico, ossia empirico, il residuo fiscale a loro favore sbandierato dalle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna non solo “si assottiglia fino a scomparire” se si calcolano anche gli interessi sul debito pubblico, ma addirittura, là dove la ripartizione della spesa pubblica viene calcolata sulla base dei dati integrali offerti dal Sistema dei Conti Pubblici Territoriali e non sulla sola base dei soli dati parziali (43%) offerti dalla Ragioneria Generale dello Stato, la situazione si inverte e “le Regioni che chiedono la differenziazione balzano in cima alla classifica e la spesa per abitante e per settori risulta assai minore al Sud”.

Se dal punto di vista metodologico, prosegue l’Osservatorio, la “maggiore efficienza” amministrativa delle Regioni deve essere valutata preliminarmente sia sotto il profilo economico-finanziario che sotto quello storico, giuridico, politico e culturale sulla base dell’“analisi delle funzioni”, analisi che ad oggi non è stata effettuata, dal punto di vista procedurale bisogna riportare la trattativa Stato/Regioni “nell’alveo della Costituzione”, sia garantendo la centralità del Parlamento nel percorso attuativo, sia definendo in modo preliminare i livelli essenziali di prestazione (LEP), senza i quali non sarebbe possibile né trasferire poteri, materie e funzioni, né, tanto meno, attuare “interventi perequativi in favore dei territori meno dotati di servizi”.

E tali “omissioni”, conclude l’Osservatorio, “hanno prodotto una distribuzione iniqua delle risorse, a vantaggio delle aree del paese economicamente più forti, con la conseguenza di un grave aumento del divario Nord-Sud”.

27/08/2019 – Salvatore Lucchese



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