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5 Maggio, 2024

Marco Ascione: “Italós. Perché siamo arrivati a tanto?”



Nel panorama storiografico italiano non capita spesso di imbattersi in uno studio come quello di Marco Ascione, Italòs. Perché siamo arrivati a tanto?, Magenes editore, 2018.

Infatti, differentemente dalle trattazioni storiche di vario orientamento ideologico sul piano etico-politico e riduzionistiche ed ultraspecialistiche su quello epistemico-metodologico – storiografia liberale, marxista, cattolica e laica, storia politica, sociale, economica e culturale, con tutte le loro suddivisioni, articolazioni e diramazioni interne –, approcci che pure hanno dato tanto lustro alla storiografia italiana nei decenni precedenti, e coerentemente all’odierno paradigma della complessità, non solo il libro di Marco Ascione rappresenta un esempio “ideal-tipico” di trattazione della storia come “scienza multidimensionale dell’uomo” che supera i tradizionali steccati disciplinari in un’originale sintesi organica, ma si caratterizza anche sia per il suo sguardo di lunghissima durata, dall’età antica a quella contemporanea, che va oltre la classica ripartizione di competenze per età storiche, sia per le sue conseguenti comparazioni storico-critiche a livello non solo diacronico ma anche sincronico.

Frutto maturo e convincente di quella “global history” che nel corso degli ultimi anni sta rivoluzionando la storiografia anche nel nostro Paese, proprio grazie al suo approccio metodologico interdisciplinare che mette insieme geografia, morfologia, economia, sociologia, psicologia, antropologia e politica, proprio sulla base del suo sguardo così attento a ricostruire i processi storici nella complessa interazione dei numerosi fattori interagenti che li caratterizzano, Ascione riesce a smontare i numerosi stereotipi e pregiudizi sul Sud Italia, pervenendo, così, ad una spiegazione esaustiva e completa della questione meridionale nel suo complesso.

Infatti, analizzata per lunghi decenni in modo unilaterale e riduzionistico, ora come arretratezza o solo socio-economica o solo etico-culturale o solo politico-civile, la raffinata ed ampiamente documentata ricostruzione storico-critica del ricercatore dell’Eurispes riesce ad intrecciare in modo esaustivo e convincente tutti i diversi aspetti dello storico dualismo che intercorre tra il Nord e il Sud d’Italia.

Come osserva Ascione, dopo essersi soffermato sui presupposti e sulle molteplici cause tra loro interagenti che sono alla base dei processi di frammentazione, unificazione, egemonia e decadenza dell’intera Penisola italica, la questione meridionale “indotta un secolo e mezzo fa nella sua componente economica, produsse, a sua volta, anche l’innescarsi di quella che rappresenta la componente socio-antropologica di tale fenomeno”, ossia, i “livelli medi di aggressività decisamente elevati”, le associazioni criminali, il prevalere del “senso di indifferenza, nonché di ostilità verso la cosa pubblica”, “una sempre più marcata idiosincrasia verso il rispetto delle regole” e l’affermazione di una classe dirigente dedita esclusivamente alla propria “autoaffermazione”e al proprio “arricchimento”.

Aspetti socio-antropologici relativi alla forma mentis, che, a loro volta, secondo Ascione, interagiscono con quelli economici, finendo con il formare, nel loro insieme, una “nefasta spirale (o ciclo auto-catalitico) tra aumento del degrado socio-economico, preponderare delle mafie e il prevalere di una classe politica sostanzialmente molto poco produttiva, corrotta e ‘predona’”.

E che la questione meridionale sia la conseguenza di politiche di spoliazione, colonizzazione e depauperamento, che, ancora oggi, alimentano l’“effetto desertificazione” al Sud e quello “agglomerazione” al Nord, e non il portato di popolazione geneticamente inferiori o dedite per conformazione fisica a comportamenti criminali, il mito della cosiddetta “razza maledetta“, il giovane studioso napoletano lo dimostra ampiamente soffermandosi su quelle fasi della storia del Mezzogiorno che invece si caratterizzano per il suo rigoglio sociale, economico, politico e civile, come, ad esempio, la Neapolis dell’età antica, la Sicilia e la Puglia durante la dominazione araba ed il Regno di Napoli degli Svevi prima e degli Angioini poi nel basso medioevo, sino al Regno delle Due Sicilie, che, in età contemporanea, osserva Ascione, “fra tutte le realtà italiane preunitarie era di gran lunga la più ricca, la più estesa e la più popolata”.

10/02/2020 – Salvatore Lucchese



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