22.9 C
Napoli
19 Maggio, 2024

La grande mistificazione del “Noi non chiediamo un euro in più”. L’“egoismo dei ricchi”: lo Stato centrale e il Mezzogiorno ridotti a bancomat da cui estrarre soldi senza mai versarne



I Governatori delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna continuano a pressare affinché siano firmate le rispettive Intese col Governo, affermando che “non chiedono un euro in più” rispetto a quanto lo Stato spende nei loro territori per garantire i servizi legati all’esercizio delle sue attuali funzioni.

“Non un euro in più”. Le cose stanno affettivamente così sia per quanto concerne il passato sia per quanto riguarda l’eventuale approvazione del regionalismo differenziato?

Come hanno dimostrato sia Marco Esposito (Zero al Sud) sia l’“operazione verità” condotta dal Quotidiano del Sud sulla base di autorevolissime fonti statistiche – Ragioneria Generale dello Stato e Conti Pubblici Territoriali –, rispetto al passato, l’“attuazione perversa” del federalismo fiscale non solo ha determinato l’assegnazione di zero euro pro capite per la spesa pubblica in asili nido a Comuni popolosi come Casoria (NA) ed Altamura (BA), a fronte dei 5.000 euro assegnati al Centro-Nord per la stessa voce, ma, per il solo 2107 ha determinato anche una perdita di 62,3 miliardi di euro lordi di spesa pubblica allargata per le Regioni meridionali, assegnando alla sua popolazione, il 34,4% di quella italiana, soltanto il 27,8% della spesa (272, 6 miliardi). La differenza del 6,4% (62,3 miliardi), invece, è stata assegnata alle Regioni settentrionali, il 65,7% di quella nazionale.

Non essendo stati definiti i livelli essenziali di prestazione ed i fabbisogni standard, questa palese sperequazione è stata resa possibile dall’adozione della spesa storica come criterio di ripartizione delle risorse pubbliche effettivamente disponibili. Criterio che, fotografando la situazione esistente, agisce come un”Robin alla rovescia”, ruba ai poveri per dare ai ricchi

In definitiva, in barba al principi di uguaglianza, solidarietà, coesione sociale e territoriale sanciti dalla Costituzione, anzi, “a Costituzione rovesciata”, ad un cittadino italiano del Nord sono assegnati 17.506 euro di spesa totale, mentre ad uno del Sud sono assegnati 13.144 euro: 4.362 euro in meno, che ne azzerano, dimezzano e/o sminuiscono sia la dignità del suo essere persona sia l’accesso a diritti civili e sociali, quali, l’istruzione, la sanità, l’assistenza sociale ed i trasporti.

Ora, in assenza della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dell’individuazione dei fabbisogni standard, le bozze delle Intese del 15 maggio vorrebbero perpetuare lo “scippo di Stato” non solo attraverso il trucco della “spesa storica”, ma anche mediante la nuova carta jolly del valore medio nazionale pro capite della spesa statale per le singole funzioni. Là dove la spesa storica per alcune funzioni dovesse essere minore dovrebbero essere ricompensate e, come ha evidenziato Laura Sala del Quotidiano del Sud, “poiché il trasferimento di funzioni deve avvenire senza oneri aggiuntivi per il bilancio statale, vuol dire che per altre regioni, sicuramente quelle del Sud, resterà meno di quanto viene oggi attribuito”. Non solo, nel caso in cui le “virtuose” Regioni padane dovessero realizzare dei risparmi questi non verrebbero trasferiti allo Stato centrale per ridistribuirli alle altre Regioni sotto forma di servizi, ma sarebbero da loro conservati per essere destinati ad altri usi senza nessun vincolo di spesa.

Insomma, si parte da una base sperequata, la “spesa storica”, che ruba ai poveri per dare ai ricchi, per ratificare e potenziare ulteriormente l’incostituzionale ed illegale espropriazione di risorse pubbliche mediante l’approvazione del regionalismo differenziato, che, stando alle prime simulazioni della Svimez, determinerebbe un taglio di 190 miliardi di euro per tutte le altre Regioni, soprattutto meridionali, che dovrebbero tagliare se non annullare i loro servizi.

Altro che “non un euro in più”. Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna si considerano italiane quando devono sottrarre soldi alle Regioni meridionali e si considerano Regioni autonome, se non addirittura indipendenti, quando dovrebbero restituirli, riducendo, in questo modo, lo Stato centrale e le Regioni meridionali ad un bancomat da cui estrarre soldi senza mai versarne. La rottura definitiva del patto repubblicano di solidarietà e l’istituzionalizzazione di un federalismo asimmetrico, iniquo e discriminatorio che cristallizza definitivamente la concezione del Mezzogiorno come “colonia interna” da cui estrarre in modo sempre più massiccio risorse finanziarie ed umane.

Pertanto, oltre all’annullamento delle attuali Intese, la mobilitazione contro il “colpo di Stato” dei ricchi deve richiedere anche il pieno ed integrale risarcimento di quanto è stato indebitamente sottratto in termini di soldi, servizi, diritti e dignità ai cittadini del Sud.

La sola richiesta dell’annullamento della procedura in atto che non contempli anche la richiesta di perequazione e di effettiva unificazione sociale, economica e civile delle due Italie, di fatto, oltre ad offrire un insperato assist politico ai Governatori “celtici” che non vogliono restituire il mal torto, finirebbe con il giustificare il dualismo Nord/Sud. Finirebbe con il giustificare la vergogna nazionale di 3.000 euro annui di spesa comunale per ogni bambino al Nord rispetto agli 88 euro assegnati a Reggio Calabria. Una palese ingiustizia e diseguaglianza che nessuna forza politica ha avuto il coraggio di denunciare in occasione della campagna elettorale per le elezioni europee del 2019, neppure quelle della cosiddetta sinistra radicale. VERGOGNA SU VERGOGNA!!!

23/07/2019 – Salvatore Lucchese



Potrebbe interessarti anche

Ultimi Articoli