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17 Maggio, 2024

Il Sud Conta: “Bisogna costruire una proposta e un orizzonte valido per il Meridione senza rappresentanza”



In un suo recente articolo pubblicato sul Quotidiano del Sud del 23 luglio 2019, rispetto al tentativo del Veneto, della Lombardia e dell’Emilia Romagna di “scappare con il malloppo” della cassa pubblica allargata grazie all’attuazione del regionalismo differenziato, l’economista Pietro Massimo Bussetta si chiede se il “Sud resterà a guardare”, in quanto, sino ad ora, “ha ingoiato tutto”, o se ci sarà “una mobilitazione per evitare quello che viene ritenuto un disastro”.

In realtà, l’immagine di un Mezzogiorno immobile, passivo, che “resterà a guardare”, non è del tutto vera, in quanto, come è stato documentato anche da questo giornale, la mobilitazione è già iniziata da mesi.

Innanzitutto, la mobilitazione culturale sia grazie all’impegno di singoli intellettuali, tra gli altri, si ricordino i nomi di Marco Esposito, Gianfranco Viesti, Massimo Villone, Adriano Giannola, Giuliano Laccetti e Roberto Napoletano, sia grazie ai rapporti ed alle analisi critiche della Svimez, dell’Alleanza degli Istituti meridionalisti e dell’intera Federico II di Napoli, che si accinge ad istituire presso il suo Dipartimento di Giurisprudenza l’“Osservatorio sul regionalismo differenziato”.

La mobilitazione delle classi dirigenti locali concretizzatasi sia nel ricorso al Tar del Lazio da parte di settanta Sindaci di Comuni del Sud contro la mancata perequazione integrale del Fondo di solidarietà comunale, sia nelle posizioni e nelle dichiarazioni critiche, anche se, ad oggi, in ordine sparso dei Governatori delle Regioni meridionali: in primis, la richiesta di autonomia da parte di Vincenzo De Luca della Campania, incentrata sull’unità nazionale e sulla perequazione, e le dichiarazioni di Michele Emiliano della Puglia, che, dopo avere evocato il pericolo di una “guerra civile” ha richiesto “un’operazione verità” contro “un’autonomia fraudolenta”.

L’inizio della mobilitazione politica da parte dei parlamentari meridionali, come testimoniano, ad esempio, le dichiarazione di Mara Carfagna (FI), “No a questa autonomia”; Stefania Prestigiacomo (FI), “Non voteremo mai per la secessione”;  Barbara Lezzi (M5S), “Senza fondo di solidarietà, autonomia incostituzionale”;  Nicola Oddati (PD), “Riportare la questione meridionale al centro del dibattito del Paese”; la richiesta firmata da tutti i deputati meridionali PD di estendere la clausola del 34% all’intera spesa pubblica; il Question time del deputato salernitano LeU Federico Conte sulla necessità di varare una legge quadro sulle autonomie differenziate e di apprestare un Piano d’investimenti straordinari per il Sud; il documeto promosso da Articolo UNO – Campania con cui si richiede l’annullamento delle attuali Pre-Intese ed il rilancio del dibattito politico sulla questione meridionale.

Infine, la non meno fondamentale mobilitazione civile promossa da associazioni culturali, comitati “no autonomia differenziata”, reti e comitati meridionalisti, concretizzatasi già da mesi in una campagna di controinformazione e di sensibilizzazione delle élites politiche e della cittadinanza mediante riunioni, assemblee pubbliche, incontri-dibattito, seminari di approfondimento, sit-in, volantinaggi e cortei.

Tra i protagonisti della mobilitazione civile c’è la rete di coordinamento Il Sud Conta, che si è distinta per la tempestività e la lucidità critica e politica con cui ha preso posizione sia contro l’“attuazione perversa del federalismo fiscale” sia contro i pericoli del regionalismo differenziato.

Animata, tra gli altri, da Dario Franco, Giovanni Pagano e Mario Raimondi, di recente, attraverso un suo comunicato stampa la rete Il Sud Conta ha dichiarato che se il regionalismo “è stato momentaneamente bloccato”, tuttavia, bisogna “continuare a costruire comitati in giro per il Sud, continuare a costruire una proposta e un orizzonte valido per il Meridione”, in quanto, prosegue il comunicato, “il Mezzogiorno non ha rappresentanza, non ha infrastrutture, non ha mediamente reddito procapite alto, non ha troppe cose che gli sono state letteralmente scippate da chi politicamente ha deciso che opportunità e risorse dovevano concentrarsi tutte al Centro-Nord”.

Pertanto, secondo Il Sud Conta, si tratta di passare da una fase politica difensiva, il solo “no” al regionalismo differenziato in nome di un’astratta unità del Paese, ad una fase politica di costruzione di un’alternativa politico-culturale meridionale e meridionalista a forte radicamento sociale, da non confondere assolutamente con l’ipotesi di una Lega Sud speculare alla Lega Nord.

Come a questo proposito ha specificato Pagano in alcuni post pubblicati sul suo profilo facebook personale: “Noi chiediamo pari diritti e la distribuzione equa della spesa per abitante, ovviamente con il risarcimento dei mancati trasferimenti. Chiediamo che si applichi la Costituzione, loro vogliono continuare a trattarci da colonia, come fate a dire che ‘rischiamo di essere come i leghisti’? Mi piacerebbe ascoltare il ragionamento. Da una parte c’è una richiesta di classe, di umanità, dall’altra la volontà di difendere lo sfruttamento e lo status quo. Gli Stati esistono da qualche secolo, non sono sempre esistiti, cambiano in continuazione… è finito l’impero Romano, è finita l’URSS, ne sono nati nuovi, dove sta scritto che questa è l’unica forma di convivenza possibile? Se questo Stato ci usa come bancomat per le esigenze nazionali, come discarica, come luogo da cui estrarre risorse e cervelli, perché dovremmo difenderlo? Se questo Stato non garantisce i diritti basilari di cittadinanza, per me dovremmo cominciare a chiedere il conto”.

Altro che Sud immobile e rassegnato, anche se ancora minoritario, settimana dopo settimana, mese dopo mese si sta configurando chiaramente un movimento politico meridionalista che senza indulgere in un’astratta retorica unitaria, palesemente smentita dai dati di fatto relativi alle scelte politiche che hanno alimentato la dialettica sviluppo/sottosviluppo tra Nord e Sud  del Paese, ed a partire dalla mobilitazione contro il federalismo asimmetrico, sperequato, discriminatorio ed estrattivo, accetta la sfida dell’autonomia, declinandola in chiave democratica, radicale e sociale.

Un’autonomia del Mezzogiorno costruita dal basso secondo la lezione di due grandi intellettuali meridionali e meridionalisti: il molfettese Gaetano Salvemini e l’avellinese Guido Dorso.

26/07/2019 – Salvatore Lucchese



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