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22 Maggio, 2024

Giuliano Laccetti: “Gap Nord-Sud in ambito scolastico, l’autonomia differenziata lo accentuerà ancora di più”



I venti milioni di cittadini italiani che risiedono nelle regioni meridionali prima vengono azzoppati tramite la sperequata distribuzione della spesa pubblica complessiva pro-capite, che riserva al 34% della popolazione italiana soltanto il 28% delle risorse pubbliche complessive, ben 60miliardi di euro in meno ogni anno per sanità, scuola, trasporti, etc., per poi denigrarli come, “oziosi”, “briganti”, “malavitosi” ed anche “ignoranti”.

Da 162 anni permane il gap sociale, economico e civile tra il Nord e il Sud del Paese? Dal 1861 ad oggi il Meridione è in ritardo di sviluppo rispetto al Settentrione? La “colpa” è sempre e soltanto dei “sudici”, ossia dei degni appartenenti a quella “razza maledetta”, che, nell’immaginario collettivo fatto interiorizzare agli stessi meridionali mediante vari dispositivi tesi all’educazione alla subalternità, rappresentano la “palla al piede” del Paese, la “parte cattiva” dell’Italia.

Questo, secondo l’INVALSI, vale anche per i divari che riguardano le competenze scolastiche. Proprio ieri la stampa generalista e quella di settore hanno dato rilievo ai dati INVALSI, sulla cui base si ritiene che “oltre la metà degli studenti campani risulta inadeguata alla maturità”. In questo modo, come ha sottolineato la redattrice della rivista ROARS Rossella Latempa, l’INVALSI “sancisce e cristallizza nell’opinione pubblica disuguaglianze e differenze che poco hanno a che fare con la scuola. Ancor meno con le competenze degli studenti. Questa rappresentazione è ai limiti del razzismo territoriale e culturale”.

Non una sola parola, invece, da parte dell’INVALSI sui dati EUROSTAT che mostrano come la Campania detenga il triste primato in Europa di essere la regione con il più elevato tasso di povertà: quasi un cittadino su due (46,3%). Non una sola parola sulla scure ministeriale che si è abbattuta sulle scuole della Campania: 120 istituti cancellati per il prossimo anno scolastico 2023/2024.

All’opposto di quanto fa l’INVALSI, che porta l’acqua, la farina e tutto il resto al solito mulino delle politiche neo-liberiste incentrate sul “merito” e sullo “sgocciolamento”, si provi a sovrapporre i grafici dei dati relativi all’iniqua distribuzione territoriale della spesa pubblica complessiva con quelli relativi ai divari sociali, economici e civili tra Nord e Sud, allora si capirà che le politiche di spoliazione e d’impoverimento di una parte della nazione a vantaggio di un’altra sono anche alla base della povertà educativa che attanaglia il Sud.

Tutto ciò si chiama razzismo e/o bullismo di Stato. Un vera e propria vergogna civile, nei cui confronti si levano le voci di sparuti accademici, giornalisti, studiosi, centri di ricerca ed associazioni, ma che lascia del tutto indifferenti i più, anche i diretti interessati.

Tra le poche voci critiche levatesi contro l’ennesima rappresentazione negativa del Sud che fa leva sui soliti pregiudizi antimeridionali, si annovera quella di Giuliano Laccetti, professore ordinario di Informatica presso la “Federico II di Napoli”, nonché tra i maggiori protagonisti della mobilitazione contro la “secessione dei ricchi”.

Ammesso che i test diano informazioni valide su alcune abilità scolastiche – ha osservato Laccetti – si tratta, in ogni caso, di capacità isolate, di fatti e funzioni specifiche: ‘aspetti dell’apprendimento meno interessanti e meno significativi’, secondo esperti pedagogisti”.

Quanto agli esiti e alla loro distribuzione sul territorio nazionale, – ha proseguito Laccetti – sono circa 15 anni che l’Invalsi restituisce la fotografia di un paese disuguale tra Nord e Sud, centri e periferie, licei e professionali, autoctoni e immigrati. Interesse dello Stato – e dunque generale – dovrebbe essere quello di garantire la presenza di scuole di buonissima “qualità” su tutto il territorio nazionale”.

Tuttavia, – ha concluso il docente federiciano – non risulta  che l’informazione del (presunto?) differenziale negativo negli apprendimenti si sia mai tradotta in concrete politiche scolastiche perequative. Pensando al caso del Mezzogiorno, questo avrebbe significato più attenzione, più insegnanti, più risorse al Sud! Al contrario, la direzione intrapresa con le richieste di autonomia differenziata, anche in ambito di Scuola, sembra essere quella opposta”.



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