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21 Maggio, 2024

Giovanni Capurso: “Salvemini e Modugno, due Maestri del Sud”



Sulla base di un inveterato pregiudizio antimeridionale, il Sud Italia sarebbe abitato da genti oziose, ignoranti, incivili ed anarco-individualiste, degni appartenenti a quella “razza maledetta” dedita esclusivamente allo sperpero delle risorse altrui, alla coltivazione del “familismo amorale” ed alla delinquenza più o meno organizzata.

Sempre sulla base di tale pregiudizio che dipinge il Meridione come la “parte cattiva dell’Italia”, il Mezzogiorno non solo sarebbe la “palla al piede” del Paese dal punto di vista sociale ed economico, ma lo sarebbe anche e soprattutto dal punto di vista etico, politico e culturale, sino ad essere considerato la “Vandea” d’Italia.

Però, tale cliché negativo non corrisponde alla storia del Mezzogiorno, in quanto, se è vero che vi sono sono state presenti e lo sono tuttora delle forze conservatrici e corruttrici del tessuto sociale e dello spirito pubblico, è anche vero che a tali forze, che sono il frutto di determinati contesti storici e di precisi rapporti di potere funzionali agli interessi delle classi dominanti a livello nazionale, si sono contrapposte, proprio a partire dalle stesse contrade meridionali, forze sociali, politiche e culturali dall’alto valore etico-civile.

Edito dalla Casa editrice SECOP nella sua collana “Caro Don Gaetano…”, istituita per celebrare il 150° anniversario della nascita dello storico pugliese, il libro di Giovanni Capurso, Due Maestri del Sud. Gaetano Salvemini e Giovanni Modugno, ricostruisce con accurato rigore storico-critico e fine perizia filologica i rapporti di amicizia e collaborazione politico-culturale tra loro intercorsi dall’età giolittiana al secondo dopoguerra, restituendoci, così, uno spaccato significativo di quelle forze meridionali dall’alto valore etico-civile che hanno profuso il loro impegno in favore del riscatto del Sud in chiave socialista, democratica ed unitaria.

Salvemini, “anticlericale” (Ivi, p. 5) e Modugno, “cattolico sincero” (Ibidem), entrambi “maestri del Sud” (Ibidem), ma anche d’Italia, in quanto, come osserva l’autore, pur nella loro diversità, entrambi “[…] sostenitori convinti della dignità della persona umana e di un’etica della responsabilità” (Ivi, 95), che induce entrambi gli studiosi ad assumere e ad agire l’impegno politico in chiave pedagogico-civile, come quando, in occasione della pubblicazione della rivista “L’Unità”, mirano a fare del periodico, sottolinea Capurso, “[…] l’organo della coscienza critica delle masse meridionali alle quali si doveva arrivare educando la piccola borghesia meridionale, liberandola dalla morsa stretta della reazione e traendone quelle guide di cui necessitavano i concittadini” (Ivi, p. 25).

   

   



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