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2 Maggio, 2024

“Democratici e Progressisti”: l’unica lista che in Campania mette al centro del dibattito politico-elettorale la perequazione Nord/Sud



A detta di un autorevolissimo studioso e rigoroso analista, quale il Presidente della Svimez Adriano Giannola, la recrudescenza del divario tra il Nord e il Sud Italia, ulteriormente acuito dalla crisi economica e sociale indotta dalla Pandemia da Covid-19, rischia di degenerare nello scoppio di un conflitto che potrebbe assumere la forma della “guerra civile” più o meno “latente”.

A fronte della gravità del dualismo Nord/Sud, ampiamente attestato da tutti i centri statistici nazionali ed internazionali e riconosciuto come prioritario anche dalla stessa Unione Europa, in occasione delle varie tornate elettorali sembra calare un velo miope ed ‘interessato’, un silenzio ‘assordante’ e ‘complice’ sui temi relativi alla “nuova questione meridionale”, i cui tratti precipui di fondo constano nella “desertificazione” del Mezzogiorno e nel tentativo di istituzionalizzare definitivamente in modo discriminatorio la sua condizione di subalternità rispetto ai gretti interessi particolaristici, ancora ad oggi predominanti, del solo sistema Nord del Paese.

Tra le pochissime forze politiche, se non l’unica, in quanto le altre, come al solito, si sono fermate in mezzo al ‘guado’, che nell’attuale campagna elettorale per le prossime regionali in Campania si stanno impegnando nel dare tangibili e significativi segnali pubblici di continuità con il loro precedente impegno meridionalistico c’è la lista Democratici e Progressisti, che tra i suoi promotori annovera Giuliano Laccetti, docente della “Federico II”, membro della Segreteria Regionale di Articolo Uno Campania, Presidente del Comitato scientifico dell’Associazione politico-culturale “e-Laborazione”, e, soprattutto, tra i protagonisti di maggiore rilievo della mobilitazione contro l’attuazione del regionalismo differenziato, la cosiddetta “secessione dei ricchi” promossa dalle Regioni Veneto (Lega), Lombardia (Lega) ed Emilia-Romagna (PD).

In un loro recente comunicato stampa, i Democratici e Progressisti, partendo dal presupposto che la questione meridionale debba tornare “ad essere questione nazionale”, in quanto, sottolinea lo stesso comunicato, “non esiste Italia senza Mezzogiorno”, in polemica con quanti anche all’interno delle forze politiche progressiste nazionali intendono drenare le future risorse europee verso la già deragliata, insieme al resto del Paese, “locomotiva Nord”, dichiarano esplicitamente che il “Recovery Fund” costituisce l’“occasione per dare pari opportunità al Mezzogiorno”.

L’emergenza Covid – argomenta in modo documentato, circoscritto e dettagliato il comunicato – rischia di condurci verso l’ennesima beffa: vedere tutti gli sforzi concentrati sulla ripartenza della ‘locomotiva Nord’, con il Mezzogiorno abbandonato ancora una volta al suo destino. La legge 42/2009 sul federalismo fiscale, voluta dalla Lega, prevede una perequazione per i Comuni in difficoltà, la stragrande maggioranza dei quali al Sud, ma l’ANCI ha deciso di applicare questa perequazione al 50%. Un ossimoro. Come se ciò non bastasse, la clausola che prevede che la spesa statale sia indirizzata al Sud per almeno il 34%, pari alla percentuale di popolazione italiana che vive nelle nostre terre, è sistematicamente disattesa. I livelli essenziali delle prestazioni (LEP), poi, vera e propria clausola di salvaguardia, non sono stati ancora fissati anche se previsti da almeno 10 anni! Adesso alcune Regioni del Nord chiedono l’autonomia differenziata, avanzando richieste di potestà su varie materie, e con essa più soldi: una vera e propria secessione dei ricchi. In settori come Sanità ed Istruzione, strategici per la realizzazione di diritti fondamentali della cittadinanza, la Campania è tra le Regioni più danneggiate dai criteri di ripartizione dei fondi. Per la Sanità la conferenza Stato- 1/2 Regioni ha stabilito che alle Regioni con più anziani vadano maggiori finanziamenti. La Campania è la regione “più giovane” d’Italia: una minore presenza di anziani significa tra l’altro un’aspettativa di vita più bassa, con il paradosso che più bassa è l’aspettativa di vita e meno finanziamenti si ottengono! Con meno soldi è più difficile fare prevenzione e curare gli anziani, in un circolo vizioso che depaupera sempre più la già insufficiente sanità del Mezzogiorno. Oltre al fattore anagrafico, si dovrebbe utilizzare, come già previsto e recentemente ricordato dal Ministro Speranza, l’indice di deprivazione: fasce sociali più deboli, minore istruzione, redditi più bassi, stili di vita meno salubri, tutti fattori che incidono su patologie croniche. Perché questo criterio non è mai stato utilizzato? Riguardo all’Istruzione basti ricordare come asili nido e tempo pieno siano praticamente inesistenti nel Mezzogiorno e i fondi per aprire più strutture praticamente decimati. Non smetteremo mai di denunciare che a fronte dei 9.000.000 di euro a Reggio Emilia si oppongono i soli 90.000 euro destinati a Reggio Calabria”.

In altri termini, denunciando sia i precedenti che i nuovi probabili scippi di Stato perpetrati contro i diritti costituzionali dei 21 milioni di cittadini meridionali, i Democratici e Progressisti ritengono che “Il Recovery Fund sia l’occasione per avviare un percorso di riequilibrio dei fondi e per rilanciare lo sviluppo del nostro Mezzogiorno. I ‘famosi’ 209 miliardi sono stati assegnati all’Italia anche e soprattutto per il Sud; senza, i parametri europei avrebbero garantito al nostro Paese solo 74 miliardi, poco più di un terzo. Si respingano le pressioni di alcuni rappresentanti istituzionali del Nord e si ripartiscano i fondi in base a numero di abitanti, reddito pro capite e tasso di disoccupazione. Buona parte del fondo deve essere dedicato a colmare i divari territoriali, iniziando col migliorare redditi ed occupazione al Sud”.

A tal fine, si specifica nel comunicato, “Crediamo che il Presidente De Luca e tutta la futura maggioranza debbano impegnarsi fin d’ora perché si metta mano ad una riorganizzazione dell’assegnazione dei fondi per la Sanità, perché si rivedano le decisioni ANCI, così da aiutare tutti i Comuni della Regione a presentare i loro progetti per migliorare le loro erogazioni di servizi ed assistenza, e perché il Recovery Fund sia lo strumento per colmare parte del gap tra Sud e Nord”.

Pure con tutte le difficoltà e tutti i limiti relativi ad un’opera di persuasione e sensibilizzazione delle classi dirigenti locali su temi rispetto ai quali, come, purtroppo, da anni evidenzia l’economista Pietro Massimo Busetta, i ceti politici ed intellettuali meridionali, tranne rare eccezioni, si sono mostrati sostanzialmente disinteressati, in quanto organicamente subalterni alle logiche politiche di tipo estrattivo, bisogna dare atto ai Democratici e Progressisti che, coerentemente sia al loro precedente impegno meridionalistico sia alle continue sollecitazioni provenienti in tal senso dal costituzionalista ed opinionista Massimo Villone, ad oggi, sono stati gli unici a mettere al centro della campagna elettorale un tema scottante di portata nazionale, quale quello, appunto, della questione meridionale. Un tema fortemente decisivo per la promozione e la realizzazione di quello che resta dell’effettiva tenuta unitaria di un Paese sull’orlo della “guerra civile”.

Al di là dei soliti giochini di potere clientelari ed autoreferenziali da un alto, e dall’altro dei consunti e vuoti slogan retorici della politica come passione ed impegno civile – sì, va bene, va benissimo come premessa, ma per fare concretamente cosa? – se le altre forze politiche tengono davvero a cuore i temi della promozione dell’uguaglianza, della solidarietà, della coesione, della giustizia sociale e dell’equità territoriale, battano un colpo sulla “nuova questione meridionale“. I Democratici e Progressisti lo hanno già battuto.

17/08/2020 – Salvatore Lucchese



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