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2 Maggio, 2024

Nuovi scippi al Sud, quali sono e cosa fare per sventarli



Di seguito pubblichiamo la versione integrale un documento di analisi circoscritta e dettagliata dei nuovi scippi al Sud previsti dal DEF 2020 e dal Decreto Rilancia Italia. Il documento è stato redatto dalla Segreteria della Federazione provinciale di Napoli del Partito della Rifondazione comunista. 

IL NUOVO SCIPPO DI RISORSE AL MERIDIONE ALL’INTERNO DEL DEF 2020 E DEL “DECRETO RILANCIO”: 7 F.A.Q. PER SPIEGARNE I PASSAGGI.

 

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Questo materiale nasce dalla volontà di fornire un supporto all’allargamento dell’informazione e della discussione con finalità  esplicative su aspetti di estrema importanza che confermano come l’attuale Governo e la sua maggioranza parlamentare non vogliano far altro che riproporre un modello di sviluppo già in crisi prima dell’attuale emergenza e, anzi, ne vogliano aggravare gli aspetti sperequativi e di concorrenza tra i territori del Paese.

Per far sì che si raggiungano le finalità informativo-esplicative  nella maniera più “digeribile” possibile si è adoperata la tecnica  delle FAQ,  tuttavia non si è potuto fare a meno di inserire vari riferimenti normativi.

Si tratta di sette domande a risposta sintetica che illustrano le due tappe fondamentali del nuovo scippo al Sud: alcuni punti del def 2020 e due articoli del decreto rilancio.

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  1. Che cos’è il Documento di Economia e finanza (DEF) da quale norma è prevista?

Con il def – la cui approvazione parlamentare deve avvenire entro il 10 aprile (termine non perentorio) – nel nostro ordinamento, si avvia la programmazione finanziaria e di bilancio che culmina a fine anno con l’approvazione parlamentare della legge di bilancio.

Il def, dopo il passaggio alle Camere, va inviato entro il 30 aprile al Consiglio europeo e alla Commissione.

Il suo contenuto non è a “schema libero” ma è normativamente previsto dall’art. 10 della legge 31/12/2009 n. 196 e successive modifiche e integrazioni (legge di contabilità e finanza pubblica).

Qui, sinteticamente, ricordiamo che è diviso in tre sezioni e contiene le previsioni macroeconomiche per il triennio successivo all’anno in corso (ad esempio, siccome siamo nel 2020, ci dovrebbero stare le previsioni fino al 2023).

Quest’accenno sul contenuto vincolato del def è importante perché, come vedremo, quello recentemente approvato dalle Camere non rispetta quanto normato.

 

  1. C’è possibilità di integrare/cambiare il def approvato?

Si, l’integrazione formale del def avviene entro il 27 settembre e costituisce la “Nota di aggiornamento al def” anch’ essa a contenuto normato (art. 10-bis legge 196/2009 e successive modifiche e integrazioni).

Quest’anno, come vedremo successivamente, la Nota di aggiornamento sarà particolarmente importante.

 

  1. Possiamo soffermarci brevemente sul def 2020?

C’è, innanzitutto, da chiarire che rispetto a quanto precisato nella prima risposta, il def attuale è “dimezzato” potremmo dire che è una sorta di “mini-def” in quanto a causa della lentezza (oltre che insufficienza) della risposta europea non contiene previsioni fino al 2023 ma si ferma al 2021, ciò anche in applicazione delle “Linee guida aggiornate della Commissione europea per i programmi di stabilità nazionali del 2020” in cui si dava la possibilità di redigere documenti di bilancio più snelli.

 Altro elemento che influisce sulla mancanza di vere previsioni di medio periodo è, ovviamente, l’incertezza sull’evoluzione della pandemia in atto, inoltre manca la sezione terza contenente il Programma nazionale di riforma (PNR) dove, tra l’altro, vanno delineati  “gli squilibri macroeconomici nazionali” che, evidentemente, in questa fase non interessano…..

Tuttavia quel poco che si è scritto nel def di quest’anno è sufficiente per provocare allarmi, inoltre data la limitatezza del documento sarà ancora più importante la citata nota di aggiornamento di settembre dove, nei fatti, saranno contenute le vere previsioni macroeconomiche.

 

  1. Quali sono i punti del def 2020 di nostro particolare interesse?

Sono soprattutto due e riguardano altrettanti canali da cui provengono importanti risorse per il Mezzogiorno:

  1. nella sez. I cap. I (“quadro complessivo e politica di bilancio”) c’è un “focus”, a pag. 7, riguardante le iniziative dell’Unione Europea per fronteggiare l’emergenza sanitaria dove, tra l’altro, è prevista la “flessibilità nell’utilizzo dei fondi strutturali” e ciò determina la “possibilità di trasferire risorse tra i tre fondi della politica di coesione e tra le diverse categorie di Regioni” . – Le diverse “categorie di Regioni”, nel linguaggio euroburocratese sono tre: 1) sviluppate; 2) in transizione; 3) in ritardo di sviluppo. – L’ attuale normativa, nell’art. 1, co. 6, della legge 7/12/2013 n. 147 anche in ossequio al principio della concentrazione geografica che regola a livello europeo i fondi strutturali, prevede che l’ 80% delle risorse vada al Mezzogiorno dove, com’è noto, sono ubicate le Regioni in ritardo di sviluppo invece autorizzare la “flessibilità” nell’uso dei fondi strutturali significa trasferire risorse da quelle in ritardo di sviluppo a quelle sviluppate. – Ciò è confermato dal fatto che il DEF 2020 viene dopo che si sono conosciuti i contenuti di un documento della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica dove, tra le proposte per uscire dalla crisi, si formula l’ipotesi di modificare l’attuale ripartizione delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione (si veda la pag, 130 del citato documento uscito nello scorso aprile).

Pertanto, il def 2020 è una prima applicazione di quel documento.

C’è, inoltre, un altro riferimento alla flessibilità che è ancora più esplicito e si trova nella sezione II: “….è attualmente in corso un’azione coordinata tra Governo, Regioni e Province Autonome, al fine di utilizzare i fondi europei come una delle fonti finanziarie da attuare nell’immediato in funzione anticrisi. – Sono, pertanto, attivate le procedure di riprogrammazione degli interventi previsti al fine di disporre con maggiore flessibilità delle risorse europee in funzione di contrasto all’emergenza” (def sez. II pag. 99).

  1. Rispetto al secondo canale di afflusso di risorse, va richiamato quanto contenuto nella prima risposta. – Infatti, in precedenza, abbiamo fatto rilevare che il def è a contenuto vincolato per cui nella sua seconda sezione vanno indicate, tra l’altro, “le risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali” (art. 10, co. 3, lett. b) legge 196/2009). – L’espressione “aree sottoutilizzate” è quella precedente all’attuale fondo di coesione che, per l’appunto, veniva definito “fondo per le aree sottoutilizzate” (FAS). – Se scorriamo la sezione II del def 2020 ci accorgiamo che viene rispettata la norma soltanto sotto un profilo meramente formale perché c’è il capitolo dedicato alle “risorse destinate alla coesione territoriale e i fondi nazionali addizionali” , tuttavia in questo capitolo manca l’indicazione dei programmi di spesa su cui applicare la riserva del 34% degli investimenti al Sud (la percentuale del peso demografico della popolazione meridionale) ai sensi del vigente art. 7-bis del d-l n. 243/2016 come convertito nella legge n. 18/2017.

Infatti, ad es., basta dare uno sguardo alla sez. II, cap. IX del def 2019 (pagg. 119-120) e si troveranno, ovviamente, i programmi e le Amministrazioni tenute al rispetto della clausola citata.

  1. Eppure, siamo a conoscenza di rassicurazioni di esponenti governativi – ad esempio, il Ministro per il Mezzogiorno Provenzano – che il Governo non ha intenzione di usare la flessibilità per i fondi europei e che la riserva del 34% sulle spese in conto capitale è in via di attuazione.

E’ vero queste rassicurazioni sono state date sia nella recente informativa urgente alla Camera che attraverso interviste su quotidiani come IL MATTINO, tuttavia non si è spiegato come tali rassicurazioni si accompagnino con quanto previsto (e non previsto) nel DEF 2020. Inoltre, ciò che “taglia la testa al toro”, è il fatto che nel  “decreto-rilancio” si fa riferimento, nel capo sulle politiche di coesione, al recente regolamento europeo che permette la maggiore flessibilità   nell’uso dei fondi strutturali. – E’ chiaro che se il Governo non avesse voluto avvalersi dell’ uso flessibile non avrebbe richiamato nella bozza di un testo normativo il regolamento europeo in argomento.

Sulla clausola del 34%, siamo al silenzio più assoluto.

  1. Potresti chiarire quel riferimento al “decreto-rilancio”?

Nella voluminosa bozza c’è il titolo VIII sulle “misure di settore” al cui interno c’è il capo XI sulla “coesione territoriale” dove, agli articoli 241 e 242, si richiamano i due recenti regolamenti europei che hanno modificato quelli attualmente in vigore per consentire l’ uso “flessibile” delle risorse europee, nel concreto si tratterà di dirottare fondi dal Sud al Nord nel momento più acuto della crisi per poi averne la reintegrazione senza una scadenza precisa perché legata ai tempi ballerini della riprogrammazione dei fondi strutturali e dei rimborsi UE.

  1. Alla luce di quanto affermato sinora quali conclusioni si possono trarre?

Date le caratteristiche della presente nota ci si sofferma soprattutto sul significato politico-giuridico del comportamento del Governo (ma anche del Parlamento).

Si è redatto e fatto approvare un def come se la vigente normativa sulle modalità di utilizzo dei fondi strutturali e sulla riserva del 34%  fosse già stata sospesa o abrogata, inoltre, col decreto rilancio si è ricorso allo strumento del regolamento europeo che, come si sa, non ha bisogno di atti di recepimento normativo da parte del singolo Stato membro.

Insomma sono state sospese le norme del nostro ordinamento sia sul 34% degli investimenti che sull’80% dei fondi di coesione al Sud senza uno specifico passaggio parlamentare.

C’è da augurarsi che anche tramite i Parlamentari più sensibili si  sviluppi un’adeguata mobilitazione.

Da notare che non ci troviamo di fronte soltanto a violazione/sospensione di norme della legislazione ordinaria – fatto già grave – ma anche di un preciso disposto costituzionale in quanto all’art. 119, co. 5, della nostra carta costituzionale si stabilisce che lo Stato “per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli sviluppi economici e sociali destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni”.

Sul breve periodo, occorre creare le opportune condizioni a livello di opinione e di mobilitazione  affinchè – già a partire dalla conversione in legge del decreto-rilancio si elimini il richiamo ai recenti regolamenti europei sull’uso flessibile dei fondi europei  e il Parlamento approvi una mozione di indirizzo che vincoli il Governo a non dirottare i fondi per il Meridione e ad inserire l’individuazione dei programmi di spesa in conto capitale con la riserva del 34% nella prossima nota di aggiornamento al def.

I soldi per la ripresa del Settentrione vanno presi altrove ad iniziare dall’istituzione di una patrimoniale sui redditi elevati e da un altro modello di sviluppo.

NA 22/05/2020

Rosario Marra

Segretario Provinciale del PRC di Napoli

 

 

 

 

 

 

 



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