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19 Marzo, 2024

L’Università che ci Umilia



Nelle giornate del 9 e 10 dicembre scorsi si è svolto, presso l’università “L’Orientale” di Napoli, un seminario dedicato ad un importante professore italiano, Giuseppe Bellini. La seconda parte del seminario si è svolta dopo la pausa pranzo, in un’aula diversa da quella della mattina. All’orario previsto, circa cinquanta studenti si sono trovati a seguire il seminario in un’aula di venti posti, vuota. I professori dell’Ateneo e i docenti invitati infatti sono arrivati con due ore di ritardo. Alla domanda di un docente ospite “Ma come possono seguire seduti per terra?!”, la risposta frivola della professoressa è stata “Tanto loro sono abituati.”

Raccontando questa storia ad uno studente dell’Ateneo ottengo un’espressione iniziale di indignazione e una scrollata di spalle, come a dire che è normale, che succede sempre, che non è la prima volta.
L’unica cosa peggiore del fatto che è vero è quel sentimento di rassegnazione.

Sto scrivendo quest’articolo perché anche io faccio parte di quegli studenti che si sono rassegnati a rimanere in silenzio, per la semplice ragione che a nessuno interessa se grido. A Napoli le voci sono talmente alte che tutti si sono abituati ad essere parte di un sinfonia piatta, ogni qual volta denunciano un’ingiustizia.

L’obiettivo dell’Istruzione, che è quello di formare le menti e allargare la cultura, fallisce miseramente dal primo giorno che una matricola mette piede all’interno dell’Ateneo.
Lezioni in condizioni disumane, servizi non garantiti, burocrazia lentissima, assenza di professori per l’intero semestre, un’enorme difficoltà ad ottenere risposta ad una domanda qualunque. Riuscire a sapere come si svolge un’attività didattica o come funziona qualcosa è una cosa difficilissima in questa università.

Ognuno sembra agire per se stesso, nessuno si assume la responsabilità di niente, i servizi sono lenti e spesso inutili, ogni informazione che aiuterebbe a raggiungere prima la laurea è un segreto di stato. Ho saputo molte più informazioni necessarie grazie ad un sentito dire che grazie ad una comunicazione ufficiale.

Gli studenti hanno imparato ad aiutarsi da soli, a compensare quello che l’Università non garantisce attraverso i loro mezzi; questo sarebbe anche positivo, se non togliesse del tempo prezioso a quello a cui dovremmo dedicarci di più: ottenere una laurea, realizzare progetti, costruire qualcosa.

Ciò che mi ha deluso così tanto da non poter evitare di parlarne non sono tanto le condizioni esterne, quanto una radicale mancanza di volontà.
Quello che io vedo in questa università è un generale senso di appiattimento, nessuna ambizione, solo la spinta umiliare gli studenti quanto più possibile, come se non fossero loro la cosa più importante. E la cosa peggiore è che lo abbiamo dimenticato anche noi, quanto siamo importanti.
Dal contatto coi docenti, o coi membri del personale, sono state poche le volte in cui non mi sono sentita ostacolata nel fare qualcosa. Potrebbero pretendere da noi uno studio matto e disperato, motivarci ad una dedizione totale, spronarci ad essere migliori. Invece è più facile non curarsi degli studenti, etichettarli in un voto, ignorare le loro difficoltà, non usare la propria esperienza per portarli più in alto, ma conservare gelosamente quelle conoscenze in una cosa che non trovo altro termine per definire se non avidità.

Pasolini diceva: In realtà lo schema delle crisi giovanili è sempre identico: si ricostruisce a ogni generazione. I ragazzi e i giovani sono in generale degli esseri adorabili, pieni di quella sostanza vergine dell’uomo che è la speranza, la buona volontà: mentre gli adulti sono in generale degli imbecilli, resi vili e ipocriti (alienati) dalle istituzioni sociali, in cui crescendo, sono venuti a poco a poco incastrandosi.

La vita universitaria è una cosa meravigliosa. Ogni giorno che passa lo studente si rende conto che quello che sta imparando va oltre la semplice materia, che alla fine del percorso di studi, che sia andato bene o male, avrà dentro di sé qualcosa in più.
La pazienza, la competizione, la determinazione, il confronto cambieranno il suo modo di affrontare le cose, di guardare le persone, fino a che non viene alla luce la lezione principale: per realizzare un obbiettivo ci vuole costanza, altrimenti si è destinati al fallimento.
L’università “L’Orientale” di Napoli conta più di diecimila studenti e vanta, tra i suoi docenti, personalità importanti, studiosi e ricercatori che contribuiscono a elevare il livello culturale nazionale e a far appassionare ogni anno un numero altissimo di giovani.
Quale sia il percorso di studi scelto, il tratto distintivo e unico è quello di avvicinare, mediante mezzi diversi, tutte le culture del mondo.
Lo studente si sente catapultato in una realtà nuova, così diversa dalla sua che non potrà fare a meno di aprire gli occhi sulla verità e sviluppare una sensibilità differente dal punto di vista comune.

Noi studenti abbiamo scelto l’università perché amiamo quello che facciamo e affidiamo quotidianamente la nostra formazione ai docenti, che hanno il potere e il dovere di renderci non solo più colti, ma anche più noi stessi, avvicinandoci alle nostre passioni. Abbiate la forza di continuare ad amare perché noi ne abbiamo bisogno.



Claudia Nerihttps://www.vesuvianonews.it
Claudia è laureata in Mediazione linguistica a L'Orientale di Napoli, ha pubblicato il romanzo Inno Selvaggio e attivamente cura un suo blog di scrittura.

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