Sulla base di quanto previsto dalla legge quadro Calderoli sull’autonomia regionale differenziata, occorre chiedersi chi decide quali poteri, funzioni e soprattutto “schei“, soldi, assegnare alle Regioni richiedenti maggiore autonomia. Chi è il dominus o chi sono i domini che, gestendo le trattative tra Stato e Regioni interessate, determineranno il cambiamento della forma-Stato dell’Italia da Repubblica parlamentare una e indivisibile, almeno sulla carta, a Repubblica federale estrattiva e discriminatoria, ai danni dei poveri e del Sud, su base regionale?
Ebbene, chi decide in sede di negoziato sono i diretti interessati, ossia la Presidente del Consiglio, la sedicente patriota Giorgia Meloni, che in cambio otterrà la bandierina del premierato, i Ministri per gli Affari regionali e le autonomie e di Economia e Finanze, i leghisti Roberto Calderoli e Giancarlo Giorgetti, che, così, realizzeranno il sogno della loro vita, la secessione dei ricchi e dei diritti a vantaggio del Nord, e i Presidenti delle Regioni Veneto, il leghista Luca Zaia, Lombardia, il leghista Attilio Fontana, e Piemonte, il forza italiota a metà Alberto Cirio. Il Parlamento e la Conferenza Stato-Regione potranno esprimere soltanto dei pareri non vincolanti. Insomma, mettere le mani sulla cassa statale a vantaggio delle piccole patrie regionali è un affare “de noantri“. Tutti gli altri debbono limitarsi a guardare e a ratificare. All’opposto, il referendum abrogativo della legge Calderoli ribalta questo schema e dà a tutti gli italiani il potere di bocciare lo “Spacca-Italia” ai danni del Sud, e non solo del Sud.