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26 Aprile, 2024

“La donna del boss”. Il capolavoro di Matilde Andolfo



Cari lettori iniziamo il nuovo anno incontrando una giornalista professionista, un volto noto della televisione campana, già vincitrice del premio “Giornalista dell’anno” assegnato dall’Ordine dei giornalisti della Campania, Matilde Andolfo. Il suo libro

“La donna del boss” scatenò dentro di me, quella voglia di conoscere la protagonista del libro e carpire i segreti che hanno spinto l’autrice a realizzare un vero capolavoro. La protagonista è Anna Carrino, la compagna del boss di camorra Francesco Bidognetti, per tutti, Cicciotto ‘e Mezzanotte. Una storia intrigante, una complicità fra i due che dura quasi trent’anni, una donna che ha custodito i segreti, le confessioni di un’organizzazione criminale e poi la svolta alla sua vita, pagata ad un prezzo altissimo, la rinuncia alla propria identità e ai suoi tre figli. Davanti ad una tazza di cappuccino inizia la nostra chiacchierata.

Chi è Matilde Andolfo?

“Una persona gentile e leale (il suo motto è: ‘la gentilezza salverà il mondo’) che ha scelto di raccontare la realtà dei fatti con un’attenzione particolare verso tutti quelli che non hanno voce. Letteralmente schierata dalla parte degli ultimi, quelli che nessuno vuole vedere. Non sopporto le ingiustizie, dinanzi a un’ingiustizia reagisco in maniera estrema con una rabbia incontrollabile. Ho una passione sfrenata per il giornalismo, per la scrittura che mi serve per raccontare le storie che mi piacciono e desidero far conoscere, nutro una sana passione per il cinema e per la cucina. Adoro cucinare, in particolare i primi piatti e i dolci, e amo mangiare, soprattutto il cioccolato declinato in tutte le sue forme. L’ho scoperto quando ero piccola grazie al mio adorato zio, fratello di mamma, che a pochi mesi mi porse sulle labbra un cioccolatino. Da allora è dipendenza pura!

Quando e dove nasce ” La donna del boss”?

Il progetto è nato più di dieci anni fa dopo una intervista all’ex Procuratore della Direzione Nazionale Antimafia, oggi deputato, Federico Cafiero de Raho che scorse in me una particolare attitudine a raccontare storie di criminalità e mi propose di scrivere un libro sulle donne di camorra. Grazie al dottor Cafiero de Raho ho avuto la possibilità di incontrare Anna Carrino, raggiungendola in un luogo segreto perché già allora era sotto protezione in quanto collaboratrice di giustizia. A mio avviso la storia di Anna meritava di essere raccontata anche da un punto di vista femminile

Chi è una donna di camorra?

Non è possibile rispondere in maniera generica. Ciascuna donna che appartiene al cosiddetto “sistema” ha una sua specifica connotazione. Ognuna è il prodotto del suo ambiente e della propria esperienza, ma non sempre di una scelta. Ci sono donne che sono diventate camorriste per “vocazione” o per indole e che hanno mantenuto fede al patto con i clan sino alle estreme conseguenze arrivando a ripudiare i propri compagni che avevano deciso di collaborare con la giustizia e rinnegare il passato criminale. Ci sono altre che al contrario sono un po’ vittime del sistema criminale e si sono ritrovate imbrigliate nelle maglie della criminalità per cultura, ambiente e rapporti familiari

La “Commara” che donna è stata davanti ai tuoi occhi?

Una donna che ha molto sbagliato, ma a cui la vita non ha risparmiato sofferenze atroci. Nella vita di Anna ci sono strappi che non possono essere ricuciti e ferite che restano infette e procurano un dolore insopportabile. Penso al rapporto con la madre che l’ha confinata per anni in un collegio sottraendole l’amore materno, alle botte ricevute quando è nata la sua primogenita Katia, alle violenze subite per mano della suocera, alle umiliazioni a cui è stata sottoposta prima di diventare la “commara”, ai tradimenti del suo compagno e padre dei suoi tre figli che le ha sempre rifiutato lo status di moglie, alla sofferenza immane per essere stata costretta a rinunciare ai figli e ai nipoti. Una vita costellata di fallimenti, la cui unica luce è stata la sua nuova vita altrove e con un’altra identità.

Il tradimento di Nana’, il difficile rapporto con Katia, cosa hai avvertito nel colloquio con Anna, quando parlava dei suoi figli?

Delusione, amarezza e profonda sofferenza con qualche senso di colpa. Perché una madre non abbandona mai i suoi figli e lei, in particolare Nanà e Teresa, mai avrebbe voluto lasciarli a Casal di Principe

Com’è inteso dalla protagonista la frase ” la camorra ti lascia un segno sulla pelle, come quello degli animali da macello”?

Perché Anna il marchio se l’è sentito impresso soprattutto nell’anima, quando tacitamente ha accettato di vivere all’interno di quel sistema criminale basato su regole che non conoscono rispetto, onore, solidarietà ma soltanto prepotenza, terrore e morte.

Oggi è “nu juorno buono”?

Oggi siamo ancora nella fase “adda passà ‘a nuttata” o per dirla alla Eduardo “Ha da passà ‘a nuttata”. Se è vero che alcuni, grandi e storici clan sono stati annientati grazie all’immenso e proficuo lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, restano ancora in azione clan temibili che reclutano le leve tra i giovani e i giovanissimi. Proprio negli ultimi tempi stiamo assistendo a una nuova recrudescenza della camorra. Non si ferma l’elenco dei morti ammazzati, tutte giovani vittime

Cosa prova Matilde in questa ricostruzione articolata di Anna?

“I miei sentimenti sono quelli di assoluto rispetto verso una storia forte, tragica. Ogni volta che in pubblico mi trovo a raccontare la storia di Anna, che, al netto della condanna verso la camorra, non intendo giudicare mi soffermo sempre sui molteplici significati della parola ‘destino’. Che nella vita della Carrino assume il valore di predestinato, ma anche di fortuna cioè opportunità da cogliere e casualità: la tempesta perfetta che ha determinato un prima e un dopo nella sua esistenza”.

Il tuo rapporto con il tuo quartiere, la Sanità?

Un rapporto splendido ed endemico. Un quartiere che ho scelto perché in realtà io sono nata e vissuta, fino ai 25 anni, in via Salvator Rosa ‘a ‘nfrascata per intenderci. Poi la scelta, con la mia famiglia, di venire ad abitare nel rione Sanità in un palazzo storico e in una casa meravigliosa del ‘700 che oggi si presta anche ad ambiente di set di fiction e film.

Il futuro, i progetti e gli obiettivi di Matilde?

Continuare a fare la giornalista, il mestiere più bello del mondo, ideare insieme a mia madre, Maria Luisa, eventi per promuovere il rione Sanità e spingere il mio brand “Casa Donelli” coniato da poco e che racchiude il fascino della mia famiglia e della mia casa.

Salutiamo Matilde strappandole una promessa di presentazione del libro nelle zone vesuviane.



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