L’attacco ai poveri tramite lo screditamento del Reddito di cittadinanza come forma di becero assistenzialismo per chi non intende lavorare, si iscrive nel paradigma socio-politico della “lotta di classe dopo la lotta di classe”, che, nell’età della globalizzazione neo-liberista, si caratterizza per l’iniqua distribuzione della ricchezza verso l’alto. Sempre di più ai ricchi e sempre di meno ai poveri. La dialettica capitale/lavoro di marxiana memoria sempre più estesa a livello sociale e territoriale
Di recente, sul tema è intervenuto il Direttore della Svimez, Luca Bianchi, tramite un’intervista rilasciata il 17 settembre scorso a “Repubblica-Napoli”.
Dopo avere sottolineato che il Reddito di cittadinanza è una misura europea fondamentale per il contenimento della povertà soprattutto nell’attuale fase economica che si caratterizza per una forte crescita del costo della vita, e dopo avere specificato che la povertà al “Sud è più alta che nel resto del Paese”, a proposito delle contese politico-elettorali sul reddito, Bianchi ha dichiarato: “Sì, è diventato bandiera elettorale sia nel rivendicarlo, sia minacciandone l’abolizione. Così si contrappongono i meno poveri ai poveri, in una guerra sociale dove chi guadagna poco e paga le tasse si contrappone a chi non fa nulla e intasca il sussidio, una guerra tra ultimi e penultimi di cui non abbiamo bisogno”.