Il disegno apparentemente costituzionale, ma, nella sostanza, eversivo, di declinare l’autonomia regionale differenziata nei termini della “secessione dei ricchi” e dei “diritti” ai danni del Sud, e non soltanto del Sud, è stato colpito ed affondato dalla Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimi ben sette punti fondamentali della legge Calderoli.
Premesso che per la Consulta l’autonomia regionale differenziata deve essere declinata sulla base dei principi costituzionali fondamentali di unità, solidarietà, uguaglianza, sussidarietà ed equilibrio di bilancio, allora, per la stessa Consulta, ne segue, tra gli altri punti, che: 1) Possono essere trasferite dallo Stato alle Regioni richiedenti soltanto singole funzioni e non intere materie; 2) I Lep devono essere determinati non dal Governo, bensì dal Parlamento; 3) Il calcolo dei soldi da assegnare alle Regioni per la gestione delle funzioni richieste non deve avvenire sulla base della spesa storica, ma sulla base dei costi e dei fabbisogni standard.
Insomma, la Consulta ha delineato un modello di federalismo solidale diametralmente opposto a quello egoistico promosso dalla Lega Nord, e non solo dalla Lega Nord, nel corso degli ultimi decenni. Calderoli &C. hanno cercato di resistere, ma, sempre lo stesso Calderoli, smentendo sé stesso, ha sospeso i tavoli di trattative con le Regioni.
Se nel corso degli ultimi trent’anni la centralità della questione settentrionale, riconosciuata trasversalmente da quasi tutti i partiti nazionali, ha portato l’intero sistema-Paese sull’orlo della sua balcanizzazione, ora le forze di opposizione che si sono opposte all’attuazione del regionalismo discriminatorio e predatorio siano coerenti e rimettano al centro del dibattito politico la nuova questione meridionale. Non basta sbandierare il tricolore o cantare l’inno di Mameli per riunificare nella sostanza quelle che anche dopo l’abbattimento della legge Calderoli rimangono ancora le “due Italie”.