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19 Aprile, 2024

Nei mesi precedenti, il Ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia ha criticato le bozze “eversive” lombardo-venete, ma non quelle emiliano-romagnole. Gatta ci cova?



Tra le novità fatte registrare dall’appena nato Governo Conte bis c’è il passaggio di consegne delle chiavi del Ministero per gli Affari Regionali e le Autonomie dalle mani della leghista Erika Stefani a quelle del dem Francesco Boccia.

Che cosa comporterà questo cambiamento per il proseguimento delle trattative con le tre Regioni, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, che hanno fatto richiesta di una maggiore autonomia? E nei mesi “infuocati” della mobilitazione contro quella che è stata definita la “secessione dei ricchi”, quali sono state le posizioni del nuovo Ministro nei suoi confronti? Quali le sue competenze specifiche su un argomento così delicato e complesso?

Ma procediamo un passo alla vota. Innanzitutto, chi è Francesco Boccia. Di origini pugliesi, il neo-ministro è un docente universitario ed un esponente di rilievo del PD. Laureatosi in Scienze Politiche presso l’Università di Bari, successivamente ha conseguito un Master presso l’Università “Luigi Bocconi” di Milano.

Dopo il Master prosegue la ricerca universitaria, approfondendo gli aspetti giuridico-economico-finanziari degli enti locali. Attualmente, è Presidente del Centro di Ricerca Interdisciplinare su Governance Public Policies presso l’Università degli Studi del Molise.

Dunque, dal punto di vista culturale, Boccia è una persona altamente qualificata rispetto al tema del regionalismo differenziato. La qualcosa già depone a suo favore. Ma andiamo avanti e procediamo con cautela.

Dal punto di vista politico, braccio destro del Governatore della Puglia Michele Emiliano, Boccia è stato più volte eletto come Deputato nelle file del PD (2008, 2013, 2018). Ex Presidente della Commissione Bilancio della Camera, attualmente è membro della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul sistema bancario e finanziario.

A seguito dell’“operazione verità” condotta magistralmente dall’edizione nazionale del Quotidiano del Sud (QdS), diretto da Roberto Napoletano, non solo nei mesi precedenti Boccia ha preso decisamente posizione contro il regionalismo differenziato lombardo-veneto, bollandolo come il “tentativo di smontare il Paese” (QdS, 29 giugno) per “fare l’autonomia con i soldi del Sud” (QdS, 20 giugno), ma, insieme a tutti gli altri parlamentari PD del Sud, il 18 luglio si è anche fatto promotore di un’interpellanza parlamentare per sollevare lo “scippo di Stato” di 62,5 miliardi di euro annui di spesa pubblica allargata compiuto dal “virtuoso” e “produttivo” Nord ai danni dei cittadini del Mezzogiorno tramite il “piede di porco” della cosiddetta spesa storica.

Dunque, non solo Boccia è un politico competente in materia, non solo ha preso anche atto del tentativo di istituzionalizzare e legalizzare lo “scippo di Stato” che azzera e dimezza i diritti dei cittadini italiani che risiedono al Sud del Garigliano, ma ha agito pure di conseguenza come deputato dell’allora opposizione parlamentare.

Inoltre, Boccia non ha mai nascosto le sue riserve critiche nei confronti della riforma del Titolo V della Costituzione, da lui considerato “un errore clamoroso” (QdS, 29 giugno 2019), fatto per “inseguire la lega secessionista di Bossi sul terreno della devolution” (QdS, 29 giugno 2019).

Insomma, il Ministro Boccia si considera un sostenitore della sussidiarietà, in quanto, secondo lui, “le regioni non possono essere piccoli Stati” (QdS, 29 giugno 2019).

Tutto bene? C’è da fidarsi? La scelta di Boccia come titolare del dicastero degli Affari regionali e delle Autonomie “fa ben sperare”, come ieri ha osservato il costituzionalista Massimo Villone dalle pagine di Repubblica-Napoli?

Sì e no, in quanto, stando alle interviste rilasciate al Quotidiano del Sud precedentemente citate, se il pugliese Boccia ha criticato senza mezzi termini il regionalismo differenziato in salsa leghista, non ha fatto la stessa casa rispetto alla richiesta presentata dal suo “compagno” di Partito, Stefano Bonaccini, Governatore dem della Regione aspirante “golpista” Emilia Romagna.

Infatti, stando all’ultima versione delle Pre-Intese, non si dimentichi che Bonaccini è “colpevole di concorso esterno in autonomia differenziata” (QdS, 2 luglio 2019) ed anche se ha richiesto un numero di materie inferiore rispetto alla Lombardia e al Veneto, l’ha fatto “senza mollare cassa e spesa storica” (QdS, 4 luglio 2019), ossia, senza rinunciare ad utilizzare il “piede di porco” con cui ogni anno sono indebitamente sottratti ai cittadini del Sud circa 60 miliardi di euro di spesa pubblica allargata. Miliardi in meno che si traducono in meno diritti, meno asili nido, meno mense scolastiche, meno tempo pieno e prolungato, meno cure e meno trasporti.

Perché Boccia, pur ponendo la questione della definizione dei Lep e del tetto di spesa pubblica del 34% per il Mezzogiorno, nonché pur appoggiando l’operazione parlamentare verità promossa dalla 5S Carla Ruocco, non ha mai criticato apertamente ed esplicitamente anche il tentativo di “golpe” e di legalizzazione dello“scippo” in salsa “rossa” emiliano-romagnola, che, dal suo “compagno” di Partito, Nicola Oddati, responsabile del PD per il Mezzogiorno, è stato addirittura considerato come “una proposta di autonomia equilibrata”? (QdS, 24 agosto 2019)

All’interno del Pd e dell’intera compagine di Governo come conciliare le omissioni sul “caso” Emilia Romagna o, addirittura, nel caso paradossale di Oddati, le sue difese con la critica rivoltagli qualche mese fa dall’attuale Ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano? Gatta ci cova?

Evidentemente nel PD e non solo nel PD, ma anche nel M5S e nello stesso Governo è ancora in atto un tentativo di mediazione sullo spinossimo Dossier dedicato al regionalismo differenziato. Lo dimostra il fatto che dopo la caduta del primo Governo Conte la riforma con tutte le sue ambigue e contraddittorie sfumature è entrata a fare parte del programma del Governo Conte bis.

Dunque, “Gatta ci cova” e sembra proprio che sul Sud incomba la spada di Damocle del “golpe” modello rosso-emiliano-romagnolo.

D’Altronde, come ci ricorda Villone, “l’autonomia delle Regioni non è ancora accantonata” (Repubblica – Napoli, 5 settembre 2019). Pertanto, occorre che tutte le forze sociali, sindacali, civili, politiche e culturali che nei mesi precedenti si sono mobiliate con successo contro il tentativo di attuazione del regionalismo differenziato nei diritti ed estrattivo delle risorse continuino a vigilare e a mobilitarsi.

06/09/2019 – Salvatore Lucchese

         



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