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20 Aprile, 2024

La “secessione dei ricchi”



Insieme a Marco Esposito, caporedattore della pagina economica del Mattino, e ad Adriano Giannola, Presidente della SVIMEZ e docente di Economia bancaria all’Università “Federico II” di Napoli, Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata presso l’Università di Bari, è uno dei maggiori esponenti del meridionalismo contemporaneo.

Autore di numerosi articoli, saggi e volumi sulle cause del dualismo Nord/Sud, tra cui si ricorda “Il Sud vive sulle spalle dell’Italia che produce”. Falso!, Viesti prosegue le sue attività di ricerca ed il suo impegno pedagogico-civile in favore del Mezzogiorno con un agile testo, Verso la secessione dei ricchi?, che si inserisce con chiarezza espositiva e rigore critico nell’attuale dibattito politico-culturale sul regionalismo differenziato.

Nel testo, scaricabile gratuitamente dal sito della Laterza, l’economista pugliese definisce l’autonomia differenziata richiesta dalle Regioni Veneto e Lombardia come un tentativo di attuare la “secessione dei ricchi”.

Dopo avere evidenziato i pro ed i contro del decentramento e dopo avere tracciato le linee sintetiche della storia della genesi del regionalismo differenziato, dalla riforma del Titolo V della Costituzione (2001) ai referendum consultivi promossi dalle Regioni Veneto e Lombardia (2017), Viesti ritiene che sia per ragioni di metodo che di merito la sua attuazione si configuri nei termini della “secessione dei ricchi”, ossia della rottura dell’unità territoriale da parte delle Regioni in cui si concentrano le classi sociali maggiormente benestanti del Paese.

Per quanto concerne le ragioni di metodo, che si riferiscono al come viene gestita l’attuazione di una riforma epocale, lo studioso pugliese osserva che la procedura per la realizzazione dell’autonomia differenziata, le cui conseguenze negative, a partire dalle Regioni meridionali, si ripercuoterebbero sull’intero sistema-Paese, non solo a monte – Pre-Intesa, Intesa – vede coinvolti esclusivamente gli esponenti politici delle Regioni che la richiedono insieme a dei delegati governativi, che, a prescindere dalla loro collocazione partitica, sono anch’essi settentrionali, ma una volta approvata dal Parlamento a maggioranza assoluta, anche a valle la sua definizione spetterebbe a Commissioni paritetiche Stato-Regione sottratte ad ogni controllo parlamentare.

Inoltre, per 10 anni sarebbe impossibile rendere le riforme reversibili, riforme sottratte anche all’esercizio dei referendum abrogativi e soprattutto, incalza Viesti, al controllo dei cittadini, del Parlamento e del Governo, che perderebbero ogni potere d’iniziativa a fronte del potere d’interdizione e di veto accordati alle Regioni “Una vera e propria secessione”.

Relativamente alle ragioni di merito, ossia ai contenuti della riforma, lo studioso pugliese fa notare che la separazione camuffata da autonomia differenziata è in realtà una vera e propria “secessione dei ricchi”, in quanto le Regioni Lombardia e Veneto chiedono che la copertura finanziaria per l’esercizio del potere esclusivo sulle 23 materie previste dagli articoli 116 e 117 della Costituzione venga garantito tramite il diretto trattenimento sui loro territori dei 9/10 del residuo fiscale, ossia della differenza tra la spesa pubblica sul territorio e il gettito fiscale individuale.

Fermo restando, osserva Viesti, che il sistema fiscale italiano si fonda sulla diretta redistribuzione della ricchezza tra individui e solo indirettamente tra territori, la richiesta avanzata dal Veneto e dalla Lombardia di trattenere il residuo fiscale acuirebbe maggiormente il divario e la sperequazione tra Nord e Sud Italia, facendo sì che la ricchezza dei cittadini settentrionali determinerebbe per i loro territori servizi migliori a tutto discapito dei cittadini poveri meridionali, i cui territori di residenza avrebbero servizi peggiori.

In altri termini, la “secessione dei ricchi” ratificherebbe sul piano istituzionale la riproduzione e l’acuirsi del dualismo Nord/Sud finendo con il dare maggiori risorse ai territori settentrionali. in cui vivono gli individui più ricchi, per sottrarle ai territori meridionali, dove si concentrano prevalentemente gli individui poveri, facendo del censo il pilastro di un modello di cittadinanza iniqua, sperequata ed asimmetrica tanto sul piano sociale quanto su quello territoriale.

10/03/2019 – Salvatore Lucchese    

 

 



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