In occasione del suo intervento agli Stati generali del Sud promossi dalla Ministra Mara Carfagna, il Presidente del Consiglio Mario Draghi da un lato ha dichiarato: “Il programma Next Generetion EU prevede per l’Italia 191,5 miliardi da spendere antro il 2026. Rafforzare la coesione territoriale in Europa e favorire la transizione digitale ed ecologica sono alcuni dei suoi obiettivi. Ciò significa fare ripartire il processo di convergenza tra Mezzogiorno e Centro-Nord che è fermo da decenni”.
Dall’altro, ha detto: “Vogliamo fermare l’allargamento del divario e dirigere questi fondi in particolare verso le donne e i giovani”.
Sembra proprio che le due dichiarazioni siano in contraddizione tra loro e non si capisce bene se l’obiettivo strategico di questo Governo consti nel rilanciare la “convergenza” tra le due Italie, ossia favorirne l’unificazione sociale, economica e civile, oppure, molto più modestamente consista nel “fermare l’allargamento del divario”, vale a dire, fare sì che l’attuale dualismo e le vigenti diseguaglianze non si inaspriscano più di tanto.
Insomma, il Governo dei “migliori” mira alla risoluzione della questione meridionale o al suo congelamento? Data la vocazione leghista e proto-leghista di molti dei suoi esponenti, sembra proprio che la prima ipotesi sia quella più realistica. Infatti, mentre Draghi non si è sbilanciato sulla quota del Recovery Plan da destinare al Mezzogiorno, la Carfagna non perde occasione per definire i livelli essenziali di prestazione non come fondamentali, bensì, come “minimi”. La qualcosa comporterebbe non il superamento delle diseguaglianze sociali e civili che intercorrono tra il Nord e il Sud del Paese, ma soltanto una loro lieve attenuazione. Di fatto, il congelamento dell’Italia divisa e diseguale.
Il Sud continui a vigilare e a mobilitarsi con tutte le sue forze. La portata delle decisioni in gioco è di quelle epocali. O di qua, o di là. O dentro, o fuori.