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29 Marzo, 2024

Il Maestro Gino Rivieccio si racconta al ” Vesuvianonews”. Gli esordi, il percorso artistico, la fede azzurra del Direttore artistico del premio “Massimo Troisi”



Cari lettori de “Vesuvianonews”abbiamo oggi il piacere e l’onore di scambiare qualche chiacchiera con uno dei più grandi attori comici italiani, conduttore televisivo e direttore artistico del premio “Massimo Troisi”: il Maestro Gino Rivieccio.

Caro Gino partendo proprio dal nome del premio, come Massimo Troisi ha rivoluzionato la napoletanità? Massimo ha contribuito, sulla scia della grande tradizione dell’arte della nostra terra, a universalizzare la lingua napoletana, senza mai indulgere all’ammiccamento, alla battuta di facile presa, alla solita maschera stereotipata. Anche con le sue pause, unite a un’inconfondibile cifra espressiva e recitativa, è riuscito a farsi capire a ogni latitudine. L’eleganza del suo modo di essere l’ha reso diverso dalle altre maschere della nostra pur consolidata tradizione e soprattutto ha esportato una napoletanità mai banale e ripetitiva ma originale che anticipava i tempi. I film di Massimo andrebbero studiati a scuola, e non solo nelle scuole napoletane.

 Quest’anno il mondo teatrale ha vissuto un vero e proprio dramma, in che modo pensa si possa finalmente rialzare il mondo dello spettacolo e del teatro in particolare? Sperando che il virus cessi di contagiare, che la pandemia si affievolisca altrimenti non vedo alternative. Il teatro in streaming, nel senso stretto della parola, è una cosa diversa. E può essere una soluzione provvisoria, occasionale, ma non definitiva. Per carità di Dio!

Come cambia il rapporto con il pubblico, dalla presenza in sala alla presenza virtuale e quanto manca all’artista l’applauso? L’applauso del pubblico è tutto per un artista, è la vitamina che fa aumentare le difese immunitarie. Da marzo noi artisti siamo tutti immunodepressi perché vivere per tanti mesi senza palcoscenico e senza l’applauso, è qualcosa di deprimente. Per un comico poi esibirsi davanti a una platea vuota è qualcosa di surreale: i monologhi senza pubblico si logorano.

Quale consiglio può dare a un giovane comico che si avvicina a questo mondo meraviglioso? Quello che vado dicendo da anni: studiare, studiare, studiare. Rinnovarsi, ricercarsi, aggiornarsi, avere uno stomaco e un fegato forti e non abbattersi ai primi schiaffi.  Soprattutto tanta, tanta passione e amore, oltre a una naturale vocazione. Altrimenti meglio smettere subito.

Quest’anno il premio, tramite la collaborazione con l’Università degli Studi di Salerno, si avvale della creazione di un “indicatore”, può spiegare i modi e quali risultati si aspetta? Si tratta di un’idea originale e innovativa che ci consentirà di monitorare il livello di allerta della comicità, quali sono i gusti e quali le espressioni più interessanti per il pubblico.  Soprattutto si tratta di un modo per capire come sta cambiando il paese attraverso il termometro della risata. Oggi si ride diversamente rispetto a venti anni fa e fra vent’anni quello che fa ridere oggi forse non dirà più nulla. Sono pochi quelli che vivono nel tempo e Massimo Troisi è uno di questi.

Nuove idee e proposte per la prossima edizione? Per ora mi godo il successo di questa, sempre che mi vorranno al timone della prossima edizione….

Alcune domande di carattere personale. Quando ha pensato di voler intraprendere questo mestiere? Da quando al liceo formai con compagni di classe un gruppo di cabaret. Lì scattò la molla, ci si vedeva il pomeriggio per fare le versioni di latino e di greco e si finiva per scrivere gli sketch sui professori e sulla scuola. Poi a diciotto anni durante le frequentazioni universitarie ho continuato al teatro Sannazzaro di Napoli e quella è stata la mia vera palestra professionale. Anche se in famiglia la mamma racconta che a sei anni facevo già l’imitazione di Adriano Celentano. Era destino che dovessi fare quello che poi ho fatto.

Successi e delusioni? Tanti nell’uno e nell’altro campo. Sicuramente però il bilancio è positivo, credo, per usare una metafora calcistica, di essere ancora in lizza per un posto in Europa League (poi con un po’ di fortuna anche in Champions) e dopo quarantuno anni non è poco. Penso, però, di non essere mai retrocesso in serie B.

Progetti? La promozione del mio libro appena uscito “ Siamo nati per soffriggere “ edito da Colonnese, una gloriosa casa editrice partenopea. E soprattutto sperare che bandito il coronavirus si possa realizzare il progetto di rientrare in teatro con una nuova commedia scritta con Gustavo Verde.

Ultima domanda, lei è un grandissimo tifoso del Napoli, cosa si aspetta da questa stagione calcistica? Di tutto. Il Napoli da anni ci ha abituati a grandi sorprese, un po’ come il suo presidente. L’importante è non perdere mai la fede, non quella di matrimonio, ma quella azzurra. E noi tifosi azzurri quella fede non l’abbiamo mai persa, anche quando siamo scesi in B. Secondo me, quest’anno succederanno cose molto importanti e positive.

Ringraziamo calorosamente il Maestro con la speranza di poterlo presto rivedere dal vivo in uno dei suoi esilaranti spettacoli.



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