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9 Novembre, 2025

Genocidio Gaza, lavoratori Leonardo: “È ora di staccare la spina. Non in mio nome, non con il mio lavoro”

Dopo i sit-in, gli scioperi generali e le manifestazioni di piazza ampiamente partecipate da milioni di cittadini italiani, continua la mobilitazione civile contro l’esecrando genocidio della popolazione palestinese di Gaza. Genocidio riconosciuto come tale anche dalla Commissione internazionale indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite sul Territorio palestinese occupato.

Pochi giorni fa, un gruppo di lavoratori dello stabilimento “Leonardo” di Grottaglie (TA) ha lanciato la petizione on-line “È ora di staccare la spina. Non in mio nome, Non con il mio lavoro”, ad oggi sottoscritta da 2.441 persone, con la quale si chiede alle più alte cariche dell’UE, del Governo italiano e della direzione generale della “Leonardo” che la stessa azienda, si specifica nel testo della petizione, “sospenda immediatamente tutti gli accordi commerciali e le relazioni di investimento con istituzioni israeliane, start-up, università e enti di ricerca, direttamente o indirettamente coinvolte nelle operazioni militari israeliane”.

Con questa petizione – proseguono subito dopo i promotori – che è estesa a tutta la popolazione civile, rifiutiamo fermamente di essere complici nelle violazioni dei diritti umani e nei crimini internazionali, rifiutiamo che i nostri atti e che il nostro ingegno possa contribuire a un’intera economia che guida, fornisce e abilita il genocidio del popolo palestinese”.

Dunque, il pacifico, variegato e multiforme movimento pro-Pal composto da una multitudine di giovani, adulti, anziani, studenti, operai, insegnanti, ricercatori, operatori sanitari, funzionari e dirigenti ministeriali, attivisti, militanti, sindacalisti e cittadini comuni, continua il suo impegno di denuncia di quanto avvenuto a Gaza nel corso degli ultimi due anni.

La qualcosa dà prova, come hanno evidenziato alcune testate giornalistiche estere, di “un’Italia che non resta a guardare”, di “un risveglio civile” che pervade sempre più ampi settori del Paese, nonostante il fatto che, come è stato messo in risalto sempre da alcune testate estere, la Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni sia restata “in silenzio di fronte alle manifestazioni pacifiche” e abbia scelto, invece, “di evidenziare solo i disordini scoppiati a Milano, definendo le proteste inutili e vergognose”.

Nella sostanza, sulla scia del Rapporto della Relatrice Speciale ONU per i diritti umani sui territori occupati da Israele, Francesca Albanese, la documentata ed argomentata petizione “Non in mio nome, non con il mio lavoro” contribuisce a tenere accessi i riflettori su una questione scottante: le eventuali responsabilità, non solo etiche, non solo politiche, ma anche e soprattutto giuridiche, di aziende e governi nazionali esteri, tra cui quello italiano, per i loro rapporti con quello israeliano accusato di genocidio.

A questo proposito occorre ricordare che, come è stato osservato, l’Italia “è il terzo fornitori di armi a Tel Aviv, soprattutto grazie alla Leonardo, azienda di armamenti controllato dallo stato italiano”, e che, come ha evidenziato lo studioso Alessandro Orsini, nel corso degli ultimi due anni circa il Governo presieduto da Giorgia Meloni “ha dato a Netanyahu, a sterminio in corso, le seguenti armi: bombe, granate, siluri, mine, missili, cartucce e altre munizioni, proiettili e loro parti, per un valore di 730.869,% euro a dicembre 2023, quasi raddoppiati a 1.352.675 euro a gennaio 2024. Questi dati sono aumentati all’aumentare dei morti palestinesi. Nel maggio 2025 Meloni aveva venduto armi a Netanyahu per 4,3 milioni di euro”.

Vendita di armi al governo israeliano che ha indotto il Gruppo Giuristi e Avvocati per la Palestina a sporgere denuncia presso la Corte penale Internazionale nei confronti del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del Ministro degli Esteri, nonché Vicepremier, Antonio Tajani, del Ministro della Difesa Guido Crosetto e dell’amministratore delegato e direttore generale Leonardo SpA, Roberto Cingolani, in quanto con il loro operato, si sottolinea nel documento di denuncia, avrebbero “reso presumibilmente possibile la commissione dei crimini di guerra e contro l’umanità” da parte dello Stato israeliano.

Riferimenti bibliografici essenziali

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