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26 Aprile, 2024

Ecco perché le zanzare ci pungono



È il caso di dirlo: fastidioso come una zanzara. Conosciamo bene l’insistenza con cui questi piccoli insetti, attratti dal nostro odore, ci ronzano intorno nelle notti estive, tentando di pungerci per suggere un po’ di sangue. Ma i nostri sforzi per allontanarle potrebbero non essere del tutto vani.

Secondo una ricerca pubblicata su Current Biology, da un team del California Institute of Technology e della Washington University, anche le zanzare nel loro piccolo imparano. Ma solo se viene coinvolto il formidabile olfatto che si ritrovano. Stando ai risultati del gruppo guidato da Jeffrey Riffel, le zanzare riuscirebbero ad associare un particolare odore a uno spiacevole shock meccanico, simile appunto a quello ricevuto durante i nostri tentativi di schiacciarle. E la prossima volta eviteranno decisamente quella fragranza.

Comprendere le loro preferenze e le loro modalità d’azione è una delle grandi sfide per l’epidemiologia mondiale. Perché questi insetti, tra i più odiati e temuti del mondo, sono anche i responsabili della morte di 725.000 persone all’anno, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sono infatti i vettori di malattie come malaria, febbre gialla, encefalite, dengue e zika virus. Così negli ultimi anni si è cercato di capirne di più in quanto a “gusti” delle zanzare.



E si è scoperto che questi ditteri non scelgono le loro “vittime” a caso. Ma distinguono tra specie e persino tra individui, mostrando preferenze marcate per alcune persone rispetto ad altre, in base all’odore emanato dalla pelle e agli ormoni in circolo. E lo stesso team di Jeffrey Riffel non è nuovo alle pagine di Current Biology. Già nel 2015, infatti, aveva svelato come le zanzare riuscissero a individuare le loro “prede” anche da 50 metri di distanza, lasciandosi guidare prima dall’odore dell’anidride carbonica e poi dal calore del corpo.

Così, dopo questo primo passo, Riffell e colleghi hanno provato a capire se queste preferenze potessero essere influenzate in qualche modo dai comportamenti dell’ospite. Se quindi le zanzare potessero imparare ad associare l’odore di una persona a uno stimolo fastidioso o pericoloso, e quindi a evitarlo. E per farlo sono rimasti fedeli al loro modello di zanzara prediletto, già utilizzato in passato. Sulle 2.550 specie di zanzare esistenti, hanno infatti scelto la zanzara Aedes aegypti. L’insetto di origine africana responsabile della trasmissione della febbre gialla, della chikungunya e del virus Zika, riconoscile dalle macchie bianche sulle zampe e dalle bande chiare a forma di lira sul torace.

Così il team ha testato oltre 2500 femmine di Aedes aegypti (solo le femmine gravide pungono, ndr) in un esperimento che associava l’odore di alcune delle specie predilette da questa zanzara a uno shock meccanico. Alcune facevano da controllo, mentre altre sono state rilasciate in delle piccole camere individuali, impregnate dell’odore di un ospite. In particolare ospiti umani, polli e ratti il cui “profumo” era stato raccolto su del nylon. Mentre le zanzare erano intente a fiutare la preda, sono state sottoposte a un fastidio notevole grazie a una macchina Vortex. Uno strumento in grado di simulare le vibrazioni e le accelerazioni dell’aria che avvengono quando una persona, o un animale, prova a scacciare via una zanzara.

A 24 ore dal training, le zanzare sono state spostate in un olfattometro a Y, una sorta di imbuto biforcuto dove potevano scegliere verso quale braccio odoroso dirigersi. Ma in uno dei due bracci era stato posizionato appositamente l’odore fiutato durante lo shock meccanico. E sorprendentemente, nel labirinto a Y, gli insetti hanno evitato proprio l’odore associato alle perturbazioni. Avevano dunque imparato non solo a distinguere odori diversi, ma a riconoscere quelli associati a situazioni spiacevoli, schivandoli e cambiando il loro obiettivo. E lo hanno fatto sempre, tranne che per il “profumo di pollo”, irresistibile per questa specie.



Ma da cosa dipende la loro capacità di apprendimento? Se lo è chiesto anche il team di Riffel e la risposta è molto semplice: dalla dopamina, un neurotrasmettitore implicato nei processi di apprendimento anche di molti altri animali, dalle api a noi umani. Per verificare il ruolo effettivo della dopamina, il team di scienziati ha utilizzato la famosa tecnica “taglia-incolla” del Dna: la CRISPR/Cas9. Ma non solo. Ad alcune zanzare sono stati semplicemente iniettati degli inibitori della dopamina, bloccando l’attività del neurotrasmettitore. Altre Aedes, invece, sono state trattate con il metodo CRISPR modificando il gene Dop1, responsabile dei recettori della dopamina. Una volta ripetuto il test olfattivo, le capacità di apprendimento delle zanzare si sono rivelate effettivamente peggiori: i mutanti Dop1 non hanno imparato ad associare lo shock e gli odori proposti, esibendo risposte comportamentali simili alle zanzare di controllo che non avevano ricevuto lo shock meccanico e che non erano state modificate.

Infine, i ricercatori hanno incollato le zanzare a un supporto stampato in 3D che permetteva agli insetti di volare sul posto restando fermi, e agli scienziati di registrare l’attività neuronale del centro olfattivo delle zanzare. E ancora una volta, senza la dopamina, i neuroni del centro olfattivo si attivavano di meno, rendendo di fatto le zanzare meno capaci di elaborare e imparare dalle informazioni olfattive. Per la prima volta, quindi, è stato dimostrato il ruolo fondamentale della dopamina nei processi di apprendimento di un insetto portatore di malattie.

Comprendere come questi insetti prendano decisioni su chi mordere e come l’apprendimento olfattivo possa influenzare questo comportamento, secondo gli autori dello studio, potrebbe essere un valido aiuto per sviluppare nuove strategie per il controllo delle zanzare e della trasmissione delle malattie di cui sono portatrici.



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