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7 Dicembre, 2024

Altro che Sud “dolente” e “rassegnato”, il “viaggio nel Sud” proposto da Piero Bevilacqua incontrerà un Sud “normale”, un Sud già in movimento e in lotta per la perequazione e il riequilibrio



In un suo articolo, “On the road, un viaggio a ottobre nel Sud che resiste”, pubblicato su il Manifesto del 14 settembre 2019, lo storico Piero Bevilacqua ha lanciato la proposta di organizzare “un pullman, unitario e di lotta, che attraversi i luoghi più dolenti del Mezzogiorno” sia “per dire no all’autonomia differenziata” sia per “rivendicare una politica di investimenti innovativi per il Sud”.

L’iniziativa è rivolta agli “esponenti di tutte le forze politiche disponibili” e alle “varie organizzazioni che hanno insediamenti attivi in alcune città, in primo luogo i sindacati, l’Arci, Libera, l’Anpi, l’Osservatorio del Sud, ecc., ecc. per organizzare là dove è possibile, un incontro in piazza con i cittadini”.

Ben venga la proposta di Bevilacqua di un viaggio di “dialogo”, “mobilitazione” e “tessitura” tra i “gruppi” che compongono la “frastagliata geografia” del Meridione. Ben venga la sua critica al sistema dei partiti e dei media, che, sino ad oggi, hanno fatto poco o niente per favorire la presa di coscienza popolare della gravità delle conseguenze dell’eventuale attuazione del regionalismo differenziato: marginalizzazione irreversibile del Mezzogiorno e disintegrazione dell’unità politica del Paese.

Tuttavia, nel suo appello/articolo non sono presenti soltanto i sopraindicati punti di forza ma anche delle criticità, delle contraddizioni e dei limiti che non possono non essere evidenziati.

Innanzitutto, la contraddizione tra l’immagine di un “Sud che resiste”, come da titolo dell’articolo, e l’immagine di un Sud “dolente” e “rassegnato”, incapace di reagire anche di fronte alla minaccia dell’autonomia differenziata, anzi, pronto a riversare i suoi voti a favore del “suo più attivo nemico”, Salvini.

In realtà, ad esempio, rispetto alle tematiche dell’ambiente e del lavoro, quella di un Sud “dolente” e “rassegnato” è un’immagine parziale, limitata e stereotipata, che, se assolutizzata, rischia di divenire faziosa e, in quanto tale, può concorrere alla rimozione ideologica di quel Sud in lotta e in movimento, rappresentato e testimoniato, tra gli altri, dai Comitati della Terra dei Fuochi in Campania, dai Comitati No TAP in Puglia e Basilicata, dalla mobilitazione cittadina contro l’Ilva di Taranto, dalla lotte in difesa del e per il lavoro degli operai della Whirlpool di Napoli e degli APU della Campania.

Inoltre, rispetto alla mobilitazione contro il regionalismo discriminatorio ed estrattivo, è altrettanto limitativo parlare di “solitaria lotta di pochi e isolatissimi intellettuali, di alcune assemblee dei medici, delle mobilitazioni di gruppi di insegnanti, e della manifestazione unitaria dei sindacati a Reggio Calabria del 22 giugno”.

In realtà, la “solitaria lotta di pochi e isolatissimi intellettuali”, tra gli altri, Massimo Villone, Marco Esposito, Gianfranco Viesti, Adriano Giannola, Luca Bianchi, Sandro Staiano, Roberto Napoletano e Pietro Massimo Busetta, non solo, come si vedrà, è stata supportata da reti di comitati civici, ma gli stessi intellettuali appaiono ben poco “solitari” ed “isolatissimi” sia perché lavorano e/o scrivono per giornali – Il Mattino, La Repubblica-Napoli, il Manifesto, Il Quotidiano del Sud, Il Corriere del Mezzogiorno – che da mesi danno notizie sul tema in oggetto; sia perché fanno parte di centri di ricerca di portata nazionale ed internazionale che hanno preso decisamente posizione contro le bozze delle tre Regioni “eversive”: la storica Svimez, l’Alleanza degli Istituti di Ricerca Meridionalisti; l’Osservatorio Regionale sul Regionalismo differenziato e, addirittura, un intero Ateneo universitario di prestigio internazionale, la “Federico II” di Napoli.

Una conferma che non siano intellettuali “isolatissimi” anche sul piano politico è data sia dal fatto che il vice-direttore della Svimez, Giuseppe Provenzano, è stato nominato Ministro per il Sud, sia dal fatto che il Manifesto per l’Italia da Sud a Nord, promosso da Gerardo Bianco, Adriano Giannola, Sandro Staiano, Pellegrino Capaldo, Paolo Pombeni, Massimo Villone, Ugo Patroni Griffi e Pietro Massimo Busetta (Il Quotidiano del Sud, 11 settembre 2019) è stato recepito nelle sue linee essenziali dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte (Il Quotidiano del Sud, 12 settembre 2019).

Inoltre, sempre sul piano politico, l’esistenza di un Sud in lotta e in movimento che smentisce l’immagine unilaterale di un Sud “dolente” e “rassegnato” è confermata sia dai 70 Comuni ricorrenti contro “l’attuazione perversa del federalismo fiscale”, tra i quali quello di Cinquefrondi, in provincia di Reggio Calabria, sia dalle prese di posizione dei Governatori meridionali, non ultime quelle di Vincenzo De Luca della Campania (Il Quotidiano del Sud, 12 settembre 2019) e Vito Bardi della Basilicata (Il Quotidiano del Sud, 12 settembre, 2019), sia, a seguito dell’“operazione verità” condotta dal Quotidiano del Sud, dalle numerose prese di posizione contro la “secessione dei ricchi” da parte di numerosi parlamentari meridionali delle più svariate forze politiche nazionali, sia dalla costituzione dei Comitati di scopo “No Autonomia Differenziata”.

Mentre sul piano civile, nel “falsificare” popperianamente l’immagine unilaterale e stereotipata di un Sud “rassegnato”, non si può prescindere dal citare la variegata galassia dei comitati civici meridionalisti sorti in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, tra i quali il Comitato dell’area vesuviana “Gaetano Salvemini”, il primo in assoluto costituito contro il regionalismo discriminatorio (6 marzo 2019), così come la rete meridionale e meridionalista de Il Sud Conta, che è stata la prima sia a promuovere un’ampiamente partecipata Assemblea nazionale sul regionalismo differenziato (9 marzo 2019), sia a dare il via il 12 aprile 2019 alla mobilitazione popolare contro il progetto “eversivo” promosso dal “Grande Partito Trasversale del Nord” e non solo dalla Lega.

Mobilitazione popolare che nel mese di agosto si è estesa contro il Tour del “Capitano” al Sud, come, ad esempio, è accaduto a Soverato in provincia di Catanzaro.

Se ad oggi ci si può ancora attivare per promuovere la “reazione popolare” contro il “colpo di Stato dei ricchi”, lo si può fare perché il disegno non è stato portato a termine, e non è stato portato a termine non per virtù dello “Spirito Santo”, bensì grazie all’impegno di intellettuali, centri di ricerca, comitati civici e reti meridionaliste che da Sud e per il Sud hanno avuto la forza, la lucidità e l’intelligenza di promuovere seminari, convegni, assemblee, incontri-dibattito e campagne giornalistiche, anche a livello locale, tese a costruire un dialogo costruttivo con la base ed i vertici del M5S.

A sua volta il M5S, facendo proprie le loro proposte e le loro osservazioni critiche, ha avuto il merito di bloccare il processo dell’autonomia regionale differenziata una prima volta a febbraio 2019 ed una seconda volta a giugno/luglio dello stesso anno. Subito dopo, la crisi di Governo, apertasi, secondo il parere di autorevoli commentatori politici, proprio per la mancata sottoscrizione delle Pre-Intese della “vergogna”.

Certo, il pericolo del compimento del disegno “eversivo” e discriminatorio é ancora presente e bisogna intensificare la campagna di mobilitazione. Ma il “viaggio di ottobre” non pensi di attraversare un Sud “dolente” e “rassegnato”. Non ritenga di portare la “verità” e di indicare la “strada della salvezza” dall’esterno, magari indicandola in avulse ed astratte ideologie incentrate sul “Sol dell’Avvenire”, ma venga a confrontarsi con le forze già esistenti sulla base di proposte concrete che diano una risposta sul breve e sul medio periodo ai diritti ed ai bisogni disattesi. Venga a dare una mano per potenziare un processo di coscientizzazione già in atto e non già a fare propaganda per questo o per quel partitino in cerca di riscatti di comodo.

Avendo iniziato già a prendere coscienza della sua condizione di “colonia interna estrattiva”, il Mezzogiorno si è mobilitato e continuerà a mobilitarsi senza se e senza ma. Altro che Sud “rassegnato”! Certo, lo può anche essere ma non come sua stigmate antropologico-culturale, bensì come lo possono essere tutte le altre aree sociali, economiche politiche e culturali d’Italia, d’Europa e del Mondo scientemente e sistematicamente espropriate  delle loro risorse materiali, umane, etiche e culturali.

14/09/2019 – Salvatore Lucchese

 

 

 

 

 

 

 



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